MIO n. 35/Un prete per chiacchierare – Gioite delle piccole cose
Mauro Leonardi (Como 1959) è sacerdote dal 29 maggio 1988 e abita a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice sito accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su internet su The Huffington Post e su ilsussidiario.net. Il suo blog si chiama Come Gesù. Il compenso per la rubrica, questa settimana va a una famiglia povera del quartiere di Casalbruciato (Roma) che ha bisogno di indumenti. Il compenso di questa settimana va a un giovane nigeriano sposato e padre di un bimbo, che vive di elemosine
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Gentile don Mauro,
tra poco riprenderà l’anno scolastico. Quale augurio pensi di dover fare ai ragazzi che ritornano sui banchi dopo un’estate sconvolta da attentati, lutti e terremoto?
Michele, Rende (Cosenza)
Ci pensavo in questi giorni. Roma si sta riempiendo di nuovo e l’aria del ritorno a casa non è alleviata dalla gioia di ritrovarsi ma dal dolore di non ritrovare molti amici perché il terremoto di Amatrice ci ha colpiti molto. Un terzo dei morti sono delle provincia di Roma e un quarto del comune: quindi, qui da noi, l’aria è parecchio pesante. Inoltre ci sono stati poi, come ricordi tu giustamente, tanti attentati. Che dire? Il dolore, il male, è inspiegabile non solo ai ragazzi ma anche a noi adulti. Rispondiamo alle domande che ci fanno e poi impariamo noi da loro. I ragazzi, i bambini, hanno progetti piccoli, quotidiani. Sanno arrivare fino a sera. Ci chiedono: oggi che facciamo? Essi vivono la loro giornata. Lo dico nel senso buono: dovremmo imparare di più da loro. Noi adulti conosciamo l’ansia del domani. Loro no. Sanno tornare sereni e felici con poco: l’acquisto di un nuovo zaino, gli amici di classe da rivedere. Ecco direi che auguro a loro e a noi, di ricominciare a gioire delle piccole cose, a vivere ogni giorno pienamente.
Caro don, il vice parroco-educatore che si occupava delle attività nel nostro oratorio è stato trasferito e il parroco non è assolutamente in grado di gestirle. Per questo tutte le attività sono ferme. A chi possiamo rivolgerci per sollecitare la sua sostituzione? Un gruppo di parrocchiani – Milano
Mi dispiace molto che le vostre attività siano rimaste senza “capo”. La prima cosa è parlare col parroco, l’avete fatto? Immagino di sì. Poi, se la vostra parrocchia aveva un vice parroco, dovrebbe esservene assegnato un altro a breve. Forse è solo questione di tempo e potreste chiedere in diocesi, unitamente al vostro parroco, di abbreviare i tempi dell’assegnazione. Le motivazioni necessarie per far rimuovere d’ufficio un parroco sono gravi: credo che il vostro caso possa essere risolto meno drasticamente chiedendo un vice parroco al più presto. In ogni caso, se proprio non avete altra soluzione potete parlare con uno dei vescovi ausiliari di Milano. Tenetemi informato per favore.
Ciao, don Mauro. Ai primi funerali delle vittime del terremoto il vescovo di Ascoli rivolgendosi a Dio ha detto “E adesso che si fa?”. Ma non avrebbe dovuto dare lui stesso delle risposte ai familiari dei morti? – Angelica, Carrara
A volte, Angelica, anche se il galateo dice che non si fa, si può rispondere ad una domanda con una domanda. Davanti al dolore innocente, davanti alla morte di persone care, davanti a tutta la sofferenza, spesso è doveroso non dare risposte. Quale risposta può bastare ad una madre, ad un padre, che hanno perso tutto? Domandare a Dio è un atto di affidamento, di riposo oserei dire. Un vescovo, un pastore, conosce le sue pecore, conosce i pascoli, conosce i pericoli, sa quando andare avanti e quando fermarsi. A volte fermarsi è la cosa giusta. Non dare risposte ma chiedere come fermarsi davanti ad un burrone, permette di non cadere. Quando chiediamo a Dio noi chiediamo a Dio, ed è Lui la risposta con la sua presenza. C’è un salmo in cui si dice che i pensieri di Dio non sono i pensieri dell’uomo. Dirlo, e poi cominciare a dare un sacco di spiegazioni sul perché e sul per come del dolore mi sembra proprio una presa in giro. E chi soffre ha bisogno di tutto tranne che delle prese in giro. Insomma D’Ercole ha agito bene, secondo me.