L’Huffington Post – C’è un problema nella canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta
La canonizzazione di Madre Teresa di domenica 4 settembre a Roma è l’evento più importante dell’intero Giubileo Straordinario indetto da Papa Francesco. La cerimonia è stata seguita in mondovisione da centoventi reti televisive, sono stati accreditati seicento giornalisti, centoventicinque corrispondenti televisivi e in piazza san Pietro e dintorni si sono assiepati più di 100mila fedeli.
Oltre agli entusiasti ci sono naturalmente anche i contrari (come per esempio lo statunitenseHitchens) ma la domanda vera che l’avvenimento pone è stata fatta da una giornalista durante la conferenza stampa di venerdì e riguarda come le Missionarie della Carità, ovvero le suore di Madre Teresa, abbiano cambiato la società laddove sono attive.
I grandi santi sociali hanno trasformato il modo di vivere non solo delle persone cui si rivolgevano direttamente ma dell’intera società in cui si trovavano. Essi hanno dato vita a folle di protagonisti e di sconosciuti che si sono dati senza risparmio all’aiuto sociale, cambiando strutture e mentalità in un modo che andava molto oltre il primo cerchio delle persone direttamente coinvolte.
Basti pensare a un caso impressionante, quello della Torino tra Ottocento e Novecento: Cottolengo accoglie i rifiuti della società, quelli che tutti respingono; Giovanni Bosco dà tutto se stesso a favore dei figli dei “proletari”; Murialdo gareggia con lui per trasformare giovani ignoranti e affamati in buoni artigiani e cittadini; Faà di Bruno segue le loro orme per proteggere le ultime tra gli ultimi, le serve sfruttate, malate, cacciate perché ormai anziane; Cafasso spende tesori di carità per alleviare la sorte dei più dimenticati e disprezzati, i carcerati; Allamano si preoccupa dei miserabili al di là dell’Europa e manda tra loro i suoi Missionari della Consolata; Orione non pone limiti al soccorso dei più bisognosi. Sono solo alcuni nomi, e ristretti al Piemonte di un periodo circoscritto, di persone che hanno innescato cambiamenti radicali di percezione dei problemi di un intero paese.
Cosa avviene e soprattutto cosa avverrà invece con le suore di Madre Teresa, rimane per lo più un mistero. Chiunque abbia partecipato come volontario a qualche attività anche piccola si è trovato spessissimo di fronte a delle prassi tanto minime quanto inflessibili. Ricordo, in una periferia romana, il rito della pulizia dei tavoli che era invariato sia che lo svolgesse una quindicenne che una madre di famiglia: se chiedevi dov’era la roba per pulire i tavoli della merenda dei bambini, la suora ti rispondeva che i tavoli si pulivano in tre e tirava fuori una bacinella con tre spugne e un sapone liquido. La prima spugna era per la persona che insaponava il tavolo, con la seconda spugna una seconda persona sciacquava via la saponata, con la terza spugna una terza persona asciugava la superficie del tavolo. L’impressione che si aveva era che Madre Teresa stessa facesse così e che quindi si sarebbe fatto così per sempre. Di questi esempi ce ne sono moltissimi e alcuni molto delicati; tra tutti ne scelgo uno emblematico: l’utilizzo della lingua inglese, obbligatorio a tutti i livelli quando le suore si trovano tra loro.
La canonizzazione di un fondatore o di una fondatrice rende ineludibile il problema della sociabilità del messaggio perché, nel momento in cui una persona viene fatta “santa”, non appartiene più alla piccola realtà da cui essa è nata. Questo significa che gli eredi hanno un duplice compito. Da una parte sono quelli cui noi guardiamo per cogliere la presenza di un carisma: se devo dire chi è Madre Teresa prima che ai libri guardo alle sue suore, quindi esse hanno innanzitutto un compito di testimonianza. Ma, e questo è il secondo aspetto della questione, poiché un “santo” è un santo dell’intera Chiesa universale, esse devono poter gettare il loro seme in ogni terreno. Però, per farlo, devono parlare il linguggio di tutti e ciò le spinge a trovare il modo di entrare in relazione con tutti. Il motivo profondo di tale spinta all’apertura non è il proselitismo, il desiderio di crescere la loro quota di mercato, ma la loro missione: se Madre Teresa è santa, poiché è additata a modello universale, la cosa di cui le suore di Madre Teresa sono eredi non è più solo loro: se fosse solo loro potrebbero decidere anche di buttarla via. Ma poiché con la canonizzazione Madre Teresa appartiene a tutti sono questi tutti che diventano i protagonisti di quel dono.
Se io sono prete, lo sono diventato perché ad un dato momento ho trovato “un prete” da guardare e questo qualcuno non ha “messo dentro di me” qualcosa ma, soprattutto, ha “risvegliato” qualcosa che era già dentro di me e che mi ha permesso di riconoscere quel “primo prete” come qualcuno attinente la mia vita.
Il problema dell’uso esclusivo della lingua inglese – ripeto, non è l’unico problema attinente quanto sto argomentando, ma lo prendo come esempio – è che rende impossibile una relazione normale con il mondo circostante, con la società nella quale esse operano.
Le suore di Madre Teresa se sono in Italia devono, almeno progettualmente, parlare italiano. Non solo con i poveri italiani: anche tra di loro. Esse invece parlano, per sistema, una lingua che non è quella del paese in cui si trovano: nella preghiera, nella formazione personale, nel divertimento, nella normale vita relazionale. Per lo meno così è stato spiegato a me. Forse erroneamente mi è stato detto che avviene così perché Madre Teresa parlava inglese e perché in India si parla quella lingua: ma se fosse davvero così questo sarebbe davvero un grosso ostacolo a che il loro dono possa diventare universale. Oltrettutto non si può pensare che gli scritti e le parole di Madre Teresa originariamente in inglese non possano essere tradotte nelle lingue di tutto il mondo. Gesù Cristo parlava in aramaico ma i vangeli sono stati scritti in greco e poi in tutte le lingue del mondo. La chiesa – come insegna Pentecoste – non ha una sola lingua ma la sua lingua propria è quella di ogni uomo. Essa conosce che è possibile tradurre il suo contenuto in ogni parola umana proprio perché sa che, venendo da Dio, strutturalmente quel contenuto è per tutti.
Il problema della canonizzazione di Madre Teresa quindi è che rende necessaria l’universalità di un messaggio ma questa universalità è possibile solo se c’è una relazione vera e propria con la società in cui la suore vivono. La canonizzazione di Madre Teresa quindi, rendendo la piccola albanese universale, espropria le Missionarie della Carità della loro Fondatrice: o meglio le spinge a trovare il modo di rendere la loro organizzazione davvero universale.
Qualora essa non lo fosse già e io fossi male informato. Mi piacerebbe, in questo, sbagliarmi.
Tratto da Huffington Post