Articoli / Blog | 01 Settembre 2016

MIO n. 34/Un prete per chiacchierare – No alla donna oggetto

Mauro Leonardi (Como 1959) è sacerdote dal 29 maggio 1988 e abita a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice sito accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su internet su The Huffington Post e su ilsussidiario.net. Il suo blog si chiama Come Gesù. Il compenso per la rubrica, questa settimana va a una famiglia povera del quartiere di Casalbruciato (Roma) che ha bisogno di indumenti. Il compenso di questa settimana va a una signora sola con quattro figli a carico 
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Don Mauro, ma che differenza passa tra un uomo che pretende di fare indossare il burkini a una donna e uno, come è successo in Calabria, che spara alla sorella solo perché indossa la minigonna?Rosita, Crevalcore (Bologna)
Salve Rosita. I termini di questa seconda violenza di cui parli, non sono ancora così chiari. Le indagini sono in corso. La violenza però, come dici, è presente in entrambi i fatti di cronaca. Una violenza differente ma con un denominatore comune. La differenza è nel sangue che, nel caso del burkini, non è stato versato. Il comune denominatore è fare di una donna un oggetto che deve obbedire a dettami, regole, consuetudini, non scelte da lei ma imposte da uomini, mariti, fratelli, padri, capi villaggio, capi religiosi, che siano. Una volta tolta la libertà, la dignità di persona, ad un essere umano, maschio o femmina che sia, punirlo fino a tentare di ucciderlo, è consequenziale. Tragicamente consequenziale. Aggiungo che, stranamente, una donna in qualsiasi modo rivesta il proprio corpo, sarà sempre criticata: alcune volte perché è troppo altre perché è troppo poco. Perché invece per i maschi non succede?

Caro don Mauro, quale pensi sia il vizio capitale più diffuso nel nostro Paese? Giovanni, Cagliari
Carissimo Giovanni, non ho, perché non esiste, una casistica sulla diffusione dei vizi capitali in Italia. Tu però chiedi a me e quindi io ti dico il mio pensiero: quello che posso dire, per quanto poco conosca il cuore umano che è sempre misterioso, è che il vizio primo e unico dell’uomo è il peccato di idolatria. Siamo creature e come tali bisognose di un creatore e desiderose di un legame con lui. Il legame proprio dell’uomo e l’unico davvero degno dell’uomo è l’amore. Se questo desiderio, bisogno, di amore non è rettamente e felicemente indirizzato verso Dio, va verso gli idoli. Ciascuno di noi ha la sua religione, il suo legame. Anche un ateo. Adorare il cibo, le ricchezze, il piacere, le cose, il denaro, il lavoro, il tempo libero, il corpo, sono tutte forme di idolatria. Questo è il peccato-madre dei vizi capitali: l’orgoglio di una creatura che si fa il suo dio da adorare. Tutti cadiamo in questo vizio e tutti dovremmo imparare a liberarcene perché l’idolo – poverino – ci ripaga per quello che è e qeui segnali dovrebbero convertirici. Risponde alla nostra adorazione con la sua inefficacia, con la sua assenza, col suo essere di pietra e non di carne, col suo silenzio, con le paure e le solitudini che arrivano. Se impariamo che la realtà è questa possiamo rialzarci e vivere.

Gentile don,
a breve comincia la scuola e molti insegnanti si stanno lamentando che dovranno trasferirsi dal Sud al Nord. Io che sono disoccupato da tre anni quando leggo certe notizie mi indigno: io pur di garantire un salario a me e alla mia famiglia andrei in capo al mondo! Roberto, Grottaminarda (Avellino)

Si, Roberto.  Hai ragione. Questa è la prima e immediata risposta che mi viene da darti. Hai ragione.  Senza lavoro non si vive. Per lavorare si va ovunque. Ma non posso non pensare che soprattutto per una madre di famiglia – la maggior parte del corpo insegnante è formato da donne – lasciare la famiglia possa essere un grosso problema. Poi certo un lavoro non si lascia mai. Ma capisco anche chi vuole rimanere dove ha la propria famiglia. Piuttosto, dovremmo impegnarci di più in Italia perché anche un maschio possa dare alla propria famiglia la stessa disponibilità di tempo della donna. In molte nazioni europee accade, perché da noi non è così?