Blog / Scritti segnalati dal blog | 28 Agosto 2016

Paolo Rodari – Il silenzio buono di Antonella, eremita di città

Questo libro parla di silenzio.
È anche la storia di Antonella e di una cosa con un nome così antico da essere sconosciuto: pustinia. Ma il protagonista è lui: il silenzio.
“Il silenzio parla ma siamo noi che non sappiamo ascoltare”.
Quando ho iniziato a leggere il terremoto non c’era. Con il suo arrivo anche il senso della mia lettura è cambiato. Perché dopo Ariccia il silenzio è anche quello di Giorgia, la prima bimba estratta dalle macerie ad Amatrice. È in ospedale sotto shock e non parla perché è stata salvata dal corpo della sorellina che era sopra di lei ed è morta. Adesso Giorgia non parla ma che silenzio è? Un silenzio cattivo. Simile a quello di Omran Daqneesh, il bambino tirato fuori dalle macerie di Aleppo. Anche lui sotto shock, anche lui un silenzio cattivo. Come è in genere il silenzio dei bambini perché i bambini non stanno mai zitti tanto che se non li senti e non li vedi, ti preoccupi: cosa staranno combinando?
Il libro di Paolo Rodari su “La custode del silenzio” arriva a lenire il rumore di quei silenzi cattivi. Non solo quelli dei bambini sotto shock ma soprattutto i nostri cattivi silenzi quotidiani. Quelli che si sviluppano come erbacce nelle nostre vite di ogni giorno. Quelli tra persone che dovrebbero condividere la vita e che invece, varcata la soglia di casa, non parlano più.
Questo libro parla del silenzio buono che cura quello cattivo, un silenzio che ha il suo linguaggio. Un silenzio che è una presenza che si trasforma in ottima compagnia.
Questo silenzio si svela all’autore quando incontra Antonella Lumini, che figura come co-autrice del libro, e che sarebbe – in realtà – l’altra protagonista del libro. Il primo è il silenzio buono, la seconda è colei che quel silenzio ha sposato: un’eremita, un’eremita di città. Antonella Lumini.
Lo colpisce, di Antonella, lo sguardo di occhi che sanno tutto prima di parlare. Quando si impara ad ascoltarsi e ad ascoltare, sono i nostri occhi che parlano. Allora si prova un forte senso di abbandono, nel senso positivo della fiducia e non della solitudine.
Rodari parla della clausura come di una casa che ci attende. La fine di un viaggio che ci conduce dove siamo sempre stati noi stessi, solo che lì, con noi stessi, non ci trovavamo. E allora scappavamo.
Ecco, il silenzio buono, il compagno di Antonella. Il “deserto” – che in russo si chiama “pustinia” – è questo luogo di silenzio, abbandono, ricerca, scoperta. Scopri così che per incontrarlo non c’è bisogno di un eremo come lo si intende tradizionalmente ma basta una tenda dentro una stanza.
Antonella capisce che il silenzio è un luogo interiore da abitare anche “nella piazza”, e lo vive così. Di sé stessa dice di essere una semplice battezzata custode del silenzio e Rodari sente di essere attratto da tutto ciò. Lo ha spinto lì il suo bisogno interiore di silenzio. Bravo Rodari a riconoscere il bisogno, ad ascoltarlo e a farlo diventare il tempo di quell’incontro con questa donna che racconta la sua storia. Ovvero, come anche lei abbia riconosciuto il proprio bisogno di silenzio e come il silenzio sia diventato non solo l’incontro di un momento ma la sostanza della sua giornata e della sua vita.
Naturale? Soprannaturale? Lo dica il lettore. Io non voglio scrivere particolari sulla sua vicenda perché semplificando tradirei il delicato ricamo di una storia che non è complicata epperò, come tutte le storie vere e vive, è unica.
Per leggere la storia di “un’eremita di città” bisogna lasciarsi trasportare tra giorni normali e giorni miracolosi e accettare di arrivare al deserto materiale prima e a quello spirituale dopo. Si riuscirà, così, a dare il nome giusto al silenzio buono.
Il silenzio cattivo, quello dei bambini sotto shock, ha tanti nome cattivi: terremoto, guerra, morte, dolore, distruzione, pianto. Il nome del silenzio buono è uno solo e sta in fondo al libro: la verginità dell’anima.
Verginità feconda però. Quella che cede (p. 35) e lascia aperto il pertugio, il varco, attraverso il quale l’amore si può incarnare.

La custode del silenzio. «Io, Antonella, eremita di città» Lumini Antonella, Rodari Paolo, 2016, Einaudi