Blog / Scritti segnalati dal blog | 19 Agosto 2016

Il gesuita Mertes: il fallimento della Chiesa cattolica nel difendere i gay contraddice il vangelo

Ragazzo semplice segnala questo articolo di Progetto Gionata per il blog –
Un gesuita tedesco ha criticato l’omofobia sistematica della Chiesa cattolica, dopo che papa Francesco ha raccomandato alla Chiesa di chiedere perdono alle persone LGBT e alle altre che aveva ferito. Il Global Pulse riporta la notizia che il gesuita Klaus Mertes* di Berlino, in Germania, ha chiesto alla Chiesa cattolica di riflettere su come l’omofobia funzioni nell’insegnamento e nella pratica ecclesiastica. In un articolo per l’accademico journaltheologie.geschichte (giornale di storia teologica), Mertes sottolinea le aree dove l’omofobia è rinforzata dall’insegnamento della Chiesa e anche gli ambiti della chiesa in cui è all’opera la sua influenza.

Metes afferma che l’omofobia viola il comandamento della carità e che la Scrittura e il cristianesimo delle origini testimoniavano chiaramente relazioni inclusive e paritarie, in opposizione all’odierna omofobia.
Citando Galati 3:28 – “Non c’è ebreo né gentile, né schiavo né libero, né maschio né femmina, perché tutti siamo uno in Gesù Cristo” – il sacerdote afferma che un moderno adattamento potrebbe includere che “non ci sono più omosessuali o eterosessuali”. Scrive infatti: “Che la Chiesa non può spingersi a difendere i diritti basilari delle persone gay e, al tempo stesso, permettere ai suoi rappresentanti più in vista di difendere tradizioni culturali che minacciano gli omosessuali con la morte. Ciò contraddice il messaggio del vangelo”.

Mertes ha esaminato come l’omofobia nella Chiesa cattolica influenza la sua interpretazione delle Scritture. Ha notato che i pregiudizi contemporanei anti-gay “vengono da una lettura, che non è storico-critica, di alcuni passaggi rilevanti” nelle scritture e in altri testi storici non canonici.
I pregiudizi portano qualcuno a preferire un’esegesi fondamentalista della Bibbia in disaccordo con l’approccio storico-critico approvato durante il Vaticano II.
Gli studiosi hanno ripetutamente ridimensionato l’idea che ogni condanna biblica dell’attività omosessuale si possa intendere come una condanna della comprensione moderna delle relazioni e dell’orientamento omosessuale.

Il gesuita Mertes ha criticato l’insegnamento della Chiesa com’è espresso nel Catechismo della Chiesa cattolica. Nelle spiegazioni del Catechismo non solo ha riconosciuto un’omofobia attiva, ma vede anche “punti oscuri e contraddizioni sostanziali”. Per esempio nel Catechismo l’omosessualità è vista come un’offesa alla castità, suggerendo che il solo essere gay sia un’offesa, come lo sono alcuni desideri.
Mertes a tal proposito scrive: “Questi sono gli effetti penosi che le persone gay sperimentano ogni giorno nella Chiesa. Invece di venire ascritta al campo della ‘castità’ l’omosessualità dovrebbe essere vista sotto la lente dei diritti umani“.

Dove il Catechismo parla contro la discriminazione dei gay, il messaggio è strano e si “perde in mezzo ad affermazioni discriminatorie”, osserva Mertes, e la spesso citata sezione n.2358 del Catechismo, dove è chiesto alla Chiesa di trattare le persone gay con “rispetto, compassione e sensibilità” è un affermazione “condiscendente e dannosa”.
A quelle persone che credono che l’omosessualità sia una croce da portare, Mertes risponde che nessun orientamento è una croce, ma lo è l’“avversione e l’ostilità dell’omofobia” imposta a chi è gay, lesbica o bisessuale.

L’articolo, pubblicato in tedesco, e accessibile qui, sottolinea che i pregiudizi contro i gay affliggono la Chiesa anche in altri ambiti e critica la concezione platonica e aristotelica della sessualità e dell’identità di genere che, nei secoli, hanno avuto un impatto negativo sull’insegnamento della Chiesa e sulla teologia.
Nel suo articolo Mertes critica la persistente associazione che si fa, nella chiesa cattolica, dell’omosessualità con gli abusi sessuali sui bambini; contesta l’idea di una “lobby gay” in Vaticano e il modo in cui l’omofobia e la misoginia funzionano in una società composta da soli uomini, come è il clero cattolico.

Mertes conclude raccontando la storia della coppia australiana che ha partecipato al sinodo del 2014, dove parlò dei loro amici con un figlio gay e del suo compagno. In seguito gli oratori australiani furono criticati per aver parlato dell’aiuto dato dai loro amici alla coppia gay.
Mertes così commenta questa critica: “Questo riflette il volto dell’omofobia. Non vogliono il dialogo. Questo è il problema. L’omofobia sperimenta il dialogo come una minaccia e così lotta contro di esso. Quanto accadde in Vaticano mostra anche il potere della testimonianza personale: il dialogo non è innescato dalla parlare “in terza persona singolare”, ovvero quando si “parlare di”; ma quando si parla in prima persona singolare (o plurale). Ecco perché il contributo alla riduzione dell’omofobia è il dialogo in prima persona”.

Non è la prima volta che Mertes critica la Chiesa per il suo approccio all’omosessualità. In un’intervista di giugno (2016) ha affermato che i vescovi della Chiesa devono cambiare la “mentalità ristretta” che hanno sull’argomento e lodare i cattolici LGBT che rimangono nella Chiesa nonostante l’oppressione.
Facendo commenti sulle nazioni in cui bisessuali, lesbiche e gay rischiano la pena di morte, il gesuita Mertes ha detto di essere “costernato che la Chiesa sia così silenziosa su questo argomento”. Il sacerdote tedesco è molto conosciuto in Germania per aver affrontato pubblicamente il tema dell’abuso sessuale nelle scuole gesuitiche tedesche.

Molto di quello che ha scritto Mertes nell’articolo non è nuovo, come la ricerca sulle Scritture o le critiche di come gli ecclesiastici concepiscono l’abuso sessuale da parte dei religiosi. Quello che è impressionante, comunque, è il modo potente e conciso con cui ha mappato un’omofobia sistematica in tutte le aree della vita della Chiesa. Quando lo si legge tutto insieme, anche le persone LGBT e i loro sostenitori sono colpiti dai grandi problemi che provoca affrontare il tema dell’omosessualità e dell’identità di genere nella nostra Chiesa.

I due maggiori contributi di Mertes sono, in primo luogo, la sua raccomandazione che la Chiesa cattolica sposti l’obiettivo su ciò che sa dell’omosessualità, portando l’attenzione dalla castità ai diritti umani.
Se un’edizione aggiornata del Catechismo facesse solo questo sarebbe già una buona cosa. Il sacerdote gesuita identifica di nuovo, quel che i sostenitori delle persone LGBT sanno da tempo, ovvero il potere del racconto (e della testimonianza) di se stessi. Condividere le storie e parlare in prima persona porta a camminare insieme e apre la mente in modo potente.

L’omofobia è intensamente presente nella nostra Chiesa, come ricorda il gesuita Mertes, ma sono speranzoso perché ci sono anche le testimonianze coraggiose e forti di tante persone LGBT e dei loro cari, che contribuiscono a far cadere i pregiudizi e alla costruzione di un mondo più giusto.

Articolo di Bob Shine pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 21 luglio 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi

* Klaus Mertes è un gesuita tedesco, insegnante di scuola, autore ed editore. Dal settembre 2011 è direttore del Collegio St. Blasien

Tratto da Progetto Gionata