Blog / Scritti segnalati dal blog | 12 Agosto 2016

Michele Serra – Il difficile equilibrio (nel rap e non solo) tra “puzza sotto il naso” e ruffianeria

Gentile Michele Serra, sono un ragazzo 17enne, ho saputo del suo incontro con Fedez nell’ambito di RepIdee e leggendo il suo ultimo libro ho notato la citazione di una delle sue canzoni. Entrambe le cose mi hanno molto amareggiato.
Non conosco personalmente il signor Federico Lucia (Fedez) e non posso esprimere giudizi sulla sua persona, sicuramente rispettabile ma dotata di una certa furbizia. Sono però appassionato ci cultura rap e hip-hop (oltre che di cantautorato) e provo molta tristezza nel constatare che per avere successo, essere trasmessi in radio, passare in TV, bisogna banalizzare e semplificare.
Esattamente quello che fa Fedez con i suoi testi “di plastica”. Le assicuro che il 90 per cento delle produzioni rap italiane presenti e passate hanno sensibilità e profondità di ben altro spessore.
Di certo ci sono cose più importanti di questo tema, ma la invito a riflettere prima di dare ulteriore visibilità a certi artisti. La seguo con immutata stima. – Michele Duri

Caro Michele, conosco in modo occasionale e superficiale la cultura hip-hop e il rap, ma ho un figlio un po’ più grande di te che la conosce bene e mi ha mosso, riguardo a Fedez, i tuoi stessi identici rilievi. Mi sono ricordato di quando, a vent’anni, giudicavo “troppo commerciale” il 99 per cento della musica leggera. Avevo ragione e avevo torto. Avevo ragione perchè avevo capito che molti artisti, per stare sul palcoscenico a lungo e con successo, devono scendere a compromessi con i gusti del pubblico, con le mode, con “l’aria che tira”; insomma, devono annacquare la loro arte (quando c’è), piegarla a condizionamenti produttivi (allora i discografici erano molto potenti).
Avevo torto perchè l’arte, specialmente un’arte popolare come la musica, non è fatta solamente dalle avanguardie e dagli artisti “di tendenza”. Tra avanguardia e comunicazione di massa c’è una vasta terra di mezzo nella quale si incontrano – a volte scontrandosi, a volte fondendosi – linguaggi “duri e puri” e linguaggi più contaminati, più “facili”.
Se esistessero solo le avanguardie, al grande pubblico rimarrebbe solo la merda ipercommerciale, e solo pochi fortunati avrebbero il privilegio di coltivare le eccellenze artistiche. Ma se esistesse solo la merda ipercommerciale, semplicemente non ci sarebbe più l’arte. Le avanguardie sono il sale; ma il sale, da solo, fa schifo. Il sale ha bisogno del pane e il pane del sale. I Rolling Stones, i Beatles, i Bob Dylan esistono perché prima di loro ci sono stati decine di folksinger bianchi e di bluesman neri poveri e quasi senza pubblico. Hanno saputo cogliere quei semi (e altri) e farli diventare “popolari”.
Se ho deciso di aprire questa rubrica con la tua lettera, in apparenza così specialistica, è perché il tema, in realtà, è enorme, e riguarda non solamente gli artisti, ma la vita di tutti. La coerenza è nobile. È preziosa. È rara. Ma se non la si spende in mezzo agli altri, se non si rischia e non ci si contamina, la coerenza è sterile. L’errore opposto – scendere troppo a compromessi – è qualcosa che corrompe fino a snaturare le persone, fino a renderle serve del potere, delle mode, del conformismo. È un equilibrio difficilissimo. È una continua dialettica tra “puzza sotto il naso” e ruffianeria, e gli artisti sanno meglio di ogni altro quanto è faticoso, quella dialettica, padroneggiarla senza perdersi. Sono sicuro che lo sa anche Fedez.

Da IL VENERDÌ di Repubblica del 12 agosto 2016
Questo articolo è stato suggerito da Sandokan