FarodiRoma – La storia del dottor Jankovic. Un medico “dimenticato” dalla sua amministrazione ma non dai pazienti
L’estate lascia spazio a storie che d’inverno non si potrebbero raccontare. Come quella del dottor Momcilo Jankovic, classe 1952, che quando ha scritto al direttore generale del suo ospedale per dire che per lui era arrivato il momento della pensione, si è visto accettare la lettera senza neppure un riga di risposta, non dico di ringraziamento: un silenzio fragoroso ha così archiviato lui, la sua professionalità e la sua umanità. Peccato perché siamo di fronte a una di quelle persone che vorresti avere accanto quando non vorresti avere accanto nessuno, sto parlando di quando tuo figlio si ammala di cancro. In quel momento non sono solo le competenze dell’oncologo e del pediatra quello che cerchi: c’è ben altro. È quello che ha trovato la clinica pediatrica del San Gerardo, la Fondazione Verga a Monza, che lo ha immediatamente fatto andare da loro. Momcilo Jankovic è chiamato il medico che non “stacca mai” ma non è un workcaoholic: è uno che sa che può staccare da quello che fa ma non può staccare da quello che è.
Un grande medico lo vedi in sala operatoria, ma non solo. Un grande medico lo vedi su un letto mentre gioca a carte con un giovane paziente o steso sul pavimento che manovra i soldatini di un piccolo ricoverato. Un grande medico lo ascolti in cattedra, ma un medico grande è anche quello che impara dai suoi pazienti perché il loro lettino in corsia è la cattedra universitaria da cui apprende l’essenziale del suo lavoro. Un grande medico non ti indica solo terapia e posologia: un grande medico costruisce un ponte tra la vita e il dolore e lo attraversa con te. E se sei piccolo si abbassa alla tua altezza. Dice: «Imparo da loro a vivere il presente ogni giorno, senza risparmiare le energie per il domani. Ogni attimo è importante per chi deve affrontare una sfida decisiva. Quando uno di sei anni ti dice: io vado in un posto dove non verrà nessuno di voi, devi aiutarlo a creare un ponte verso la vita e attraversare con lui un territorio seminato di dolore».
Ciò che ha tolto dalla pensione il dr Jankovic non è la scoperta di una nuova cura ma è lui, con tutto se stesso: è il dr Jankovic stesso. Messi da parte i discorsi, i seminari sull’umanizzazione delle cure e sull’importanza della relazione medico paziente, sull’amore come medicina del corpo e dell’anima è arrivato Momcilo Jankovic in persona. Lui sa che un bambino è triste perché la mamma è diventata brutta in ospedale; che un bambino vuole accanto a sé una persona speciale: non un calciatore ma la donna delle pulizie, perché lei gli raccontava la sua giornata fatta di cose normali, uscire, comprare il latte, tornare e pulire la cucina. La vita la guarisci con la vita, quella normale e quotidiana. L’amore lo incontri in chi si abbassa per te cioè mi innalza solo chi si abbassa con me.