Blog / Scritti segnalati dal blog | 12 Giugno 2016

Luigino Bruni – La malattia della luce uccide

“Grave e terribile errore fu l’invenzione delle croci” – Vangelo di Tommaso

I processi di cambiamento delle organizzazioni a movente ideale e delle comunità carismatiche sono particolarmente complessi e delicati perché,
a differenza di molte organizzazioni economiche o burocratiche dove il cambiamento è pianificato e guidato verso gli obiettivi indicati dai proprietari, nelle realtà ideali la riforma è un procedere verso l’ignoto.
Quando il sedicente riformatore è un falso profeta, si presenta come un portatore di certezze sul cambiamento, come qualcuno che sa quale sia il bene che attende la comunità al termine del cammino da lui auspicato, voluto e promosso. Come un angelo portatore di sola luce.
Uno degli elementi che rendono complesso e difficile il superamento delle crisi nelle comunità ideali e carismatiche è la comparsa dei falsi riformatori. Se, infatti, la comunità è già spenta, al punto di non avvertire neanche il bisogno di riforma, da essa non nascono né buoni né cattivi “profeti”. Se invece la comunità è viva, i buoni e i cattivi profeti sorgono assieme, e ne arrivano tanti più quanto più vivo e fecondo è il carisma originario. È anche l’abbondanza dei falsi profeti a dire la vivacità carismatica di una comunità. E più luce c’è nel carisma, più frequenti, sottili e pericolose sono le eresie gnostiche. Le chiese primitive pullulavano di apostoli e di falsi profeti.
Non dobbiamo dunque commettere l’errore di pensare che le fasi positive producano soltanto i buoni profeti e quelle di crisi soltanto quelli cattivi, perché la realtà storica dice esattamente il contrario. Fu la stessa fertilità spirituale del cristianesimo delle origini a generare Paolo di Tarso e Simon Mago.
Le forme storiche e concrete che assumono le false profezie sono molte. Nelle comunità ideali e/o carismatiche, le false profezie e le false riforme più subdole e perniciose sono quelle che fanno ricorso al registro della luce. Sono varianti e attualizzazioni dell’antica eresia gnostica, perché si presentano come un’offerta di nuova luce e di diversa conoscenza. Lo gnosticismo, nelle sue ricche e molteplici espressioni, fu il principale nemico ideologico del cristianesimo dei primi secoli. Penetrò dentro molte comunità, e avrebbe potuto decretarne la morte se non fosse stato duramente combattuto e vinto grazie all’azione dei migliori profeti e teologi – da Ireneo a
Agostino.
Le esperienze spirituali e ideali sono naturalmente e radicalmente esposte alla seduzione gnostica, proprio per il loro essere essenzialmente esperienze di luce e di intelligenza. Chi segue un ideale o un carisma, è attratto dalla sua luce nuova e dal suo discorso (logos) diverso. Si ritrova con il dono di altri occhi che gli mostrano nuovi orizzonti, nuovi cieli, nuove bellezze, e con una intelligenza
luminosa che gli apre una diversa conoscenza del mondo e delle cose.
Non deve allora stupire che in queste comunità la fase gnostica arrivi puntuale. Minaccia soprattutto quelle con i carismi più luminosi e spirituali, perché è anche una malattia del carisma stesso, che si sviluppa come una forma di nevrosi: è la sua parte più brillante che si ammala. Le esperienze spirituali restano autentiche e generatrici di vita buona finché non perdono contatto con la storia, finché restano esperienze incarnate e quindi limitate, parziali e intrecciate con il
buio. Finché lo spirito resta nella carne, e l’uno segue le leggi e i ritmi dell’altra. Molte esperienze carismatiche si perdono sul loro nascere perché lo spirito si disincarna ed evapora in cerca di una
perfezione senza ombra. Per queste ragioni, le fasi gnostiche accompagnano anche lo sviluppo dell’esistenza storica dei fondatori, e se le comunità vanno oltre la vita dei fondatori è perché queste tentazioni non hanno avuto il sopravvento – non poche comunità nate da autentici carismi si sono spente dopo pochi anni perché i loro fondatori sono stati sedotti e divorati dalla nevrosi gnostica.
Ma è nella fase successiva alla fondazione che la tentazione gnostica diventa un passaggio quasi obbligato e sempre decisivo. Di fronte alla fine dei veri “miracoli” e delle “resurrezioni” che avevano costituito la vita normale della stagione fondativa della comunità, qualcuno inizia a pensare di poter ricreare gli antichi miracoli con tecniche e droghe spirituali. Fanno come quegli atleti che non riuscendo più a ripetere i primi record, invece di cambiare allenamento e lavorare
sodo, cadono nella trappola del doping. Lo gnosticismo è una forma di doping spirituale, che promette le performance della giovinezza senza lavoro e fatica, che se non è decisamente contrastato infetta rapidamente l’intera comunità. È, infatti, su questa sofferenza e frustrazione per non saper più ripetere le prime prestazioni
carismatiche, sulla nostalgia invincibile dei segni e del clima dei primi tempi, che attecchisce facilmente la pianta gnostica. Invece di ripartire dal nucleo intero del primo messaggio, fatto necessariamente di carne e di spirito, il riformatore gnostico compie una duplice operazione: ricostruisce un’immagine parziale e disincarnata del carisma originario e vi aggiunge rivelazioni segrete delle quali – dice – sarebbe entrato in possesso con esperienze private o comunicazioni
speciali, che adorna di elementi spettacolari e pseudo-mistici e con tecniche che consentirebbero un accesso più profondo e spirituale al messaggio ideale. La riforma gnostica è quindi accompagnata dalla promessa di esperienze mistiche speciali e accessibili solo ai pochi introdotti ai segreti e ai misteri, attorno ai quali costruisce la sua forza messianica e la sua promessa. Sono sempre esperienze elitarie, non trasparenti, mai popolari e mai dalla parte dei poveri. La svalutazione dell’esperienza concreta e del corpo crea poi quasi inevitabilmente anche una eccezione etica, che consente agli illuminati atti carnali e azioni dannose per gli altri, ma lecite e necessarie per gli abitanti di questo nuovo regno “a colori”. Sono costruzioni barocche, variopinte, mondi popolati da molti esseri fantastici e “verità” assenti dal primo messaggio originario. E i seguaci di questi falsi profeti assumono presto sguardi e atteggiamenti da iniziati, subiscono un cambiamento estetico anche nell’espressione degli occhi e
nei tratti del viso, e si separano come nuovi “santi” dal popolo non (ancora) illuminato. Quando il carisma è vivo e sano è molto semplice individuare i falsi profeti mossi da interessi personali materiali o da intenti scismatici; molto più difficile è riuscire a riconoscere e chiamare per nome i falsi profeti della luce e dell’intelligenza, perché questi utilizzano lo stesso repertorio simbolico e le stesse parole che avevano fondato un giorno la comunità e attratto tanti. Sono lupi divoratori travestiti da miti agnelli, e qualche volta da buon pastore. Le crisi gravi delle comunità ideali sono sempre crisi di luce e di intelligenza. Per questa ragione le offerte di eresie della luce e
dell’intelligenza sono particolarmente abbondanti proprio durante le crisi più serie. E per questa stessa ragione molte volte i falsi profeti non sono riconosciuti, hanno successo, e uccidono le
comunità. Un mestiere fondamentale per gestire le crisi profonde e le grandi riforme è allora saper riconoscere i sintomi gnostici in quanto ci appare rinnovamento e salvezza. Mestiere difficilissimo, perché il riformatore gnostico, diversamente dagli altri falsi profeti, usa verità e parole realmente presenti nel carisma genuino originario, e costruisce il suo discorso a partire da brani e frasi di discorsi del fondatore. Fin dall’inizio l’intelligenza del serpente si è presentata nella storia con parole e discorsi simili a quelli di Elohim, e più seducenti. I cromosomi gnostici sono nel DNA del carisma genuino, perché la gnosi costruisce la sua salvezza ricombinando diversamente alcuni elementi del genoma fondativo. Elimina quelli ordinari, normali, grigi, meticci, e riassembla solo la parte luminosa del patrimonio genetico originale, dando vita a un organismo che ha tutti i tratti
presenti nel primo corpo. E così la riforma gnostica appare tremendamente affascinante e luminosa: come l’elisir dell’eterna giovinezza, come l’albero della vita, come una foto dei nostri
vent’anni che prende magicamente vita.
Le proposte gnostiche di riforma si presentano dunque come giorni dove è sempre e solo mezzodì, e, in nome di questa luce senza ombra, rifiutano la dimensione opaca, perché vera, del limite. Incarnazione, imperfezione, peccato, diventano parole maledette, condannate come lo scandalo da superare per dar vita alla nuova stagione della piena maturazione che sta per iniziare. È la proposta di un eskaton all’incontrario: mentre le esperienze spirituali autentiche vivono un già imperfetto e indicano un non ancora mai raggiungibile in pienezza, le gnosi si mostrano come un già perfetto, compimento di un già stato imperfetto. I riformatori gnostici sono sempre più splendenti dei fondatori, perché manca loro l’ombra della realtà vera. Solo il corpo proietta l’ombra a contatto con la luce del sole. In queste false riforme la morte è assente dalla scena delle loro finte passioni. Sono “vangeli” senza calvario e senza croce, la pietra non rotola, il sepolcro è soltanto una comoda camera da letto. Sono pessime elaborazioni del lutto del vivere. Rinunciano alla vita per non impolverarsi i piedi nell’unico cammino possibile agli umani sotto il sole. Le resurrezioni senza crocifissi non salvano nessuno. Sono spiriti fantasmi che allontanano dalle carni ferite degli altri e dalle vittime, e che imprigionano dentro gabbie di consumismo psichico ed emotivo. I falsi profeti gnostici si rivelano dall’assenza dei segni dei chiodi nei loro corpi e in quelli che toccano e abbracciano.

Pubblicato su Avvenire il 17/04/2016