FaroDiRoma – Di nuovo i lager. Il commento di Mauro Leonardi
La notizia nuda e cruda è difficile da digerire. Da un documento riservato, emerge che l’Europa prepara «aree di carcerazione» per fermare i flussi di migranti nel periodo estivo. Purtroppo, cioè, è una questione europea, cioè nostra. Quindi, dobbiamo trasformarla in una questione civile nel senso più alto: una questione di civiltà.
Può un continente come l’Europa, madre, culla, guida, della cultura occidentale arrivare a tanto, cioè a ripristinare i lager? Abbiamo così poca memoria da non sapere cosa evoca questo nome? Eppure, l’inchiostro dei tatuaggi degli ultimi sopravvissuti alla Shoà è lì a ricordarcelo, a dirci che non si stipano gli uomini in centri di raccolta, mai. Chi crede irrispettoso usare la parola lager fuori dal tragico contesto genocidio-shoà-soluzione finale, scorra per favore le foto dei campi profughi di questo secolo. Certo, ci sono delle differenze: non c’è in programma una soluzione finale, non c’è una teoria sulla razza ariana, non ci sono deportazioni di massa, insomma non ci sono le leggi razziali e il nazismo.
Però quello che c’è di simile inquieta.
Filo spinato. Reti metalliche. Schedature. Centri di smistamento e identificazione. Donne bambini e uomini ammassati. Che si chiamino “aree di carcerazione” o campi profughi non cambia il fatto che qui, di “civile”, non c’è più nulla.
L’Europa è civile non perché fatta di cittadini ma perché fatta di ogni cittadino e nessuno è di serie B o A. Sono tutti cittadini, tutti degni di una civitas comune: patria e casa.
Può un popolo civile come siamo, ricco come siamo, pieno di tanta storia e cultura, reduce da due guerre mondiali e da tanti altri conflitti “minori”, che porta i propri ragazzi in gita scolastica ai campi di concentramento, che celebra la giornata mondiale della gioventù proprio in Polonia – nazione che ha conosciuto cosa succede al di là del muro di un campo – può questa Europa non trovare un’altra soluzione per questi uomini, che non sono “deportati” ma loro malgrado trascinati da guerre, povertà e persecuzioni? I nostri millenni di cultura sono pronti o no a portare frutti? Ad abbattere muri? Lo so che è l’ora delle risposte: tutti abbiamo fame di risposte per questa crisi, lo so che è l’ora delle risposte. Ma per avere le risposte giuste dobbiamo farci le domande giuste. Sono quelle che ho fatto e si riassumono in una: noi, chi siamo?
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