Articoli / Blog | 27 Aprile 2016

L’Huffington Post – Gli alimenti al cane nelle cause di divorzio: non vi scandalizzate è amore

Se guardi per bene un cane e il suo padrone, ti accorgi perché nelle cause di divorzio la questione delle visite e degli alimenti al cane ha peso crescente. C’è chi si scandalizza di questo e io mi scandalizzo di chi si scandalizza di questo.

I cani sono animali domestici non perché abitano in casa ma perché sono di casa, condividono con noi il focolare domestico: anzi, molto più spesso di quanto sembri, lo scaldano per noi, con noi e meglio di quanto noi facciamo. Le sentenze che riguardano i cani si riferiscono a loro chiamandoli “animali d’affezione” o “esseri senzienti” e non più “beni disponibili” – ci mancherebbe – ma so che anche questo modo di parlare, per chi ha un cane, è poco, troppo poco. Perché stiamo parlando del loro Black, Argo e Palla.

Paragonare un cane con un figlio, un animale con un essere umano, non è qualcosa che confonde ma è qualcosa che illumina. Una coppia che si separa deve chiarire come trattare chi aveva in comune. È vero, amavano – come coppia – Francesca e Mario. Ma amavano pure Black. Erano una coppia perché avevano in comune degli amori. Si chiamavano Francesca, Mario e Black.

In fin dei conti, chi si scandalizza di questi paragoni, è perché non sa amare. La parola amore è grande – così grande – non perché è elevata, blasonata, ma perché tiene dentro tutto. Va dall’amore per il peluche che avevamo da bambini e arriva all’amore per tutti, per tutto, cane compreso.
Dico che non sa d’amore chi si scandalizza che nelle cause matrimoniali il posto degli animali sia paragonabile a quello dei figli, perché penso che ciò che è veramente grande non ha paura di farsi piccolo. Non perde nulla a farsi piccolo. L’amore per un cane, è amore. Amiamo un luogo perché in quel “dove” abbiamo amato o siamo stati amati; amiamo un oggetto perché ci porta a qualcuno che abbiamo amato; amiamo un figlio, un amico, i genitori, la moglie e il marito, perché sono nella nostra vita. Perché ce li abbiamo voluti. Perché abbiamo imparato a conoscerli e ad amarli: a conoscerli così e ad amarli così, anzi a conoscerli e ad amarli sempre di più e sempre meglio. Amiamo il nostro cane perché lo abbiamo voluto, anche se magari ci è “capitato”. Anche Black abbiamo imparato a conoscerlo: a conoscerlo così e ad amarlo sempre di più e sempre meglio. Sto usando apposta le stesse parole. Per dimostrare che se possiamo usare le stesse parole è perché stiamo parlando dello stesso sentimento.

L’amore è un sentimento nobile quanto umile. Non si sporca a usarlo per un luogo di affezione o per un animale di affezione. Più lo usi, più ne hai. Si dilata. Più ami e più ami. Se con la pet therapy si fanno entrare gli animali negli ospedali per curare i bambini, allora è giusto che gli animali entrino nelle aule di tribunale per non essere spazzati via del tutto da un legame che sta fallendo.

Se c’è una cosa che va detta è che, spesso, dovrebbe essere il cane a sdegnarsi. Nel veder usata la parola amore anche per i nostri rapporti umani e non solo per la relazione con lui. Perché lui non ci trascinerebbe mai in tribunale. Lui, se trascina, è solo per arrivare prima al parco a giocare giocare giocare. Con lui. Lui non pretenderebbe un appartamento per sé stesso, per una nuova vita, ma da solo. Lui non pretenderebbe degli alimenti per essere sostentato da noi ma senza di noi. Lui, il cane, senza di noi, non va da nessuna parte. Lui non mangia se lo abbandoniamo. Siamo noi che ci abbandoniamo tra noi umani e che abbandoniamo loro, i cani. Loro no. Loro dovrebbero offendersi a sentir usare la stessa parola “amore” che usiamo tra noi uomini, per indicare l’amore assoluto e fedele che loro danno a noi in cambio del nostro amore “vuoto a rendere”.

Tratto da L’HuffPost