Articoli / Blog | 16 Febbraio 2016

L’Huffington Post – Se a Milano le musulmane insegnano agli Imam il rispetto della donna

Zita Dazzi ci racconta che a marzo, a Milano, inizierà una seconda primavera. Non solo quella atmosferica ma anche quella culturale. Su Repubblica di oggi c’è la piccola gemma che la preannuncia: gli Iman andranno a scuola a seguire un corso sulla donna un po’ particolare. Non si parlerà della donna direttamente ma di come la donna, la sua persona, il suo essere madre, moglie, figlia, sorella, fidanzata, viene vista dall’uomo islamico.

Già così suona interessante, già così sembra un modo per fermare le mani che, per usare un eufemismo, a Colonia non hanno rispettato la donna. Se poi leggi che l’iniziativa è delCaim – Coordinamento associazioni islamiche di Milano e Brianza – cioè delle donne musulmane, rimani proprio felice. Si tratta cioè di donne musulmane che parlano agli Imam perché le aiutino a cambiare le parole che escono dalla bocca degli uomini che non le rispettano. Perché usino diversamente il proprio corpo, il proprio ruolo di marito e di padre. Perché smettano violenze e soprusi. Perché si fermino le mani che menano, che infibulano, che fanno spose bambine.

Suaya Abdel Qader, 37 anni, palestinese di origine, sociologa di professione, madre di tre bambini, spiega che per fare cose nuove devi pensare cose nuove, e che per questo loro si rivolgono agli Imam, i capi religiosi, perché sono loro ad ascoltare le confidenze delle donne sugli abusi e le discriminazioni che patiscono.

Queste domande non sono solo per gli islamici ma sono loro a porsele oggi – anzi le loro donne – e a proporre alle loro comunità un percorso per poter vivere degnamente e quindi felicemente. Non è poco, anzi è molto. C’è molta umiltà e quindi verità nel proporsi di imparare.

È facile mettersi in cattedra: un podio e i primi posti piacciono a tutti. Mettersi tra i banchi è un po’ meno facile soprattutto se sei un capo, un Iman. Ed è bello che a proporlo siano le loro stesse donne. Che siano loro a proporre questo corso su come si fa ad amare, a vivere. Perché, in fin dei conti, questo è vivere in tutte le culture: amare.

Tratto da Huff