Blog | 05 Febbraio 2016

Il diario di Paci – Le bugie non si dicono

Le bugie non si dicono.
Te l’ho detto, Marta.
Ma lo sai.
Mi hai visto dirti la verità con fatica.
Una verità arrampicata sugli specchi.
Perché, a volte, la verità ha bisogno di una bugia per essere detta.
Ma devi essere grande per dire le bugie che aiutano la verità.
Se no puoi far male.
Dire una bugia è una responsabilità più grande di dire la verità.
E tu sei piccola.
E poi i bambini la verità la vivono e non hanno bisogno di dirla.
E allora gli basta la faccia.
E allora ti basta la faccia amore mio.

Da grande avrai bisogno delle parole.
E allora dire la verità sarà a volte dire una bugia.
Ma ora no.
Le bugie non si dicono.

Ma, Marta, una cosa è importante: le bugie non si scrivono mai.
Mai.
Mai.
Le cose scritte sono per sempre.
Anche un solo foglietto.
Anche se lo strappi in 1000 pezzi.
Anche se lo sotterri.
E’ scritto per sempre.
Rimane.
Una bugia scritta è una menzogna.
Offende la verità, sempre.
Non la serve, mai.
Se menti, non scrivere.
Parla, distogli gli occhi.
Parla veloce, metti una mano davanti alla bocca.
Stai attenta.
Se vuoi bene a qualcuno e, la verità la puoi solo mentire.
Stai attenta.
Fallo bene.
Non la scrivere mai.
Soffrirebbe.
Anche se strappasse tutto.
Ormai è scritto.
Ora io ti scrivo.
Scrivo a me.
Ma è per te.
A voce ti dico una bugia per poterti dire la verità sull’amore.
Sull’amore mio.
E ci sto attenta.
Ma se scrivo.

Se mento, che scrivo a fare?
E allora, ecco.
Non è facile.
Non ho parole buone, belle, per dire come ama tua madre.
Le parole che ci sono, non dicono quello che io sono, che io vivo.

Altro uomo uguale tradimento
Di nascosto uguale sotterfugi.
Tempo rubato uguale sesso rubato
Pensieri altrove uguale vita di facciata
Amore vero uguale amore falso
Si, c’è un altro uomo.
Ma non tradisco nessuno.
Nemmeno me stessa.
Sarebbe facile dirmi che tuo padre non mi vuole, non mi ha mai voluto né capita.
Sarebbe facile.
Mi farebbe comodo.
Ma non me lo sono mai detto.

Io amo un altro uomo che non è tuo padre.
L’ho dovuto dire a me stessa.
L’ho chiamato amico.
Ma non lo è.
L’ho chiamato amante.
Ma non lo è.
L’ho chiamato “l’uomo che avrei voluto e vorrei accanto a me”.
Ma non ha senso.
Non voglio raccontare balle.
Nemmeno a me stessa.
Mi capisco con lui anche se non parlo.
Sto con lui, anche se non lo vedo.
Una telefonata basta.
E parliamo di cose che abbiamo in comune che non siamo sempre e solo io e lui.
Non ci faccio l’amore.
Ora l’ho capito.
Il sesso è l’unica cosa che tuo padre prende da me.
E’ sua.

Non posso e non voglio levargliela, levarlo al nostro matrimonio.
Ho provato a dargli altro, a dargli tutto.
A “condividere”, come dicono quelle che non devono dare nulla perché il marito ha voluto tutto.
Ho provato a condividere.
Ma non vuole.
Forse non sa, non può, non è capace.
Vuole il sesso, l’unione, chiamalo come vuoi.
E io non voglio levarglielo.
Lui, l’altro, non è il mio amante.
Io amo così.
Amo chi amo.
E lo chiamo amore.
Non gli metto maschere.
Trucco.
Lo amo, Marta.
Non è “l’uomo che vorrei”.
Ma è l’uomo che ho.
Non è “l’uomo con cui vorrei stare”.
Ma è l’uomo con cui sto.
Non lo hai mai visto.
Ma lo conosci.
Perché la dolcezza che trovi in me.
La pazienza che trovi in me.
La donna che trovi in me.
Me l’ha data lui.
E io, con il suo amore,   rimango fedele.
Non ho mai tradito tuo padre.
Forse sono stata una buona moglie ma, di sicuro, sono stata Paci.
Mi pesa molto vederlo di nascosto.
Io lo amo e lui è nella mia vita.
E per poter vivere così ho bisogno di nascondermi.
Il segreto mi pesa da morire.
Crea un’atmosfera da sesso rubato.
Che non c’entra nulla con quella che sono.
E’ un amore reale il mio con lui.
Non è un romanzo.
Non si nutre di lettere appassionate.
Squallore rubato.
Sguardi furtivi.
Cerco di parlarci il più possibile alla luce del sole.
E se voglio abbracciarlo ho bisogno di una porta chiusa.
Perché la verità della mia vita non ci sta nello stato di famiglia.
E devo dire una bugia.
La bugia di una porta chiusa.
Ecco perché i paladini della verità parlano tanto.
Perché parlano.
E non scrivono.
Perché scrivere la verità è scrivere quello che sei, che hai.
E’ come uno specchio in piena luce e mantenerci lo sguardo fisso e passarsi un dito sul viso, su quella ruga, su quel segno, è come l’inchiostro che sto usando: non si cancella.
Anche se spegni tutto.
Anche se strappi tutto.

Si, amore mio.
Sono io.
La mamma che ti dice di non dire le bugie.
Sono io.
Non sono meno vera.
Meno io.
Di quella che ha iniziato a scrivere.
Non dire, quando leggerai, che non mi conoscevi.
Mi conosci.
Sono così perché so amare così.
Lui non è il mio pensiero fisso che mi distrae dalla vita.
E’ vero quello che ricordi di me, che sai di me.
Sono la mamma sempre presente.
Sempre con te.
Non solo insieme.
Ma insieme nei pensieri.
Si, sono io.
Lui è dentro di me.
Al centro della mia vita.
Al centro.
A dare vita, alla vita.
Non mi ha mai rubato un pensiero.
Ha dato peso alla mia vita.
Ai miei pensieri.
E quindi a te, a te con me.
Non ti ha mai rubato nulla.
Non è “amore vero”, hai ragione.
Ma io non ho mai usato espressioni così.
L’amore con le parole accanto, è falso.
L’amore.
Punto.
Hai mai visto o pensato che io e tuo padre fossimo come l’amore che vuoi?
No.
Non ti ho mai nascosto quello che potevi sapere, vedere.
Ma voglio che ricordi tutta la gioia che hai visto, che hai conosciuto con me e tuo padre.
Quella, si.
Non era tanta.
Non era tutta.
Ma era.
Ed è tua, nostra, guai a chi te la tocca.
Ecco.
Ora smetto.
Sarai grande quando leggerai.
Se leggerai.
Quando saprai.
Perché lo saprai.
Senza “se”.
Perché se sarai la donna che vedo in te, ora.
E lo sarai.
Sarai vera.
E capirai.
Capirai del mio amore al centro.
Che non era l’”altro uomo”.
Che non era “sesso rubato”.
Ma che era la mia vita.
Vita in cui tu sei vissuta e sei stata amata.
Perché questa è la verità.
Che non ti dirò.
Perché le parole belle, pulite, non ci sono.
E farlo diventare una cosa brutta, squallida, non è giusto.
Non è vero.
E io voglio scriverti la verità.
Quella che ho potuto.
Quella che ho saputo essere.
Quella che sono.
E allora scrivo.

Paci è il personaggio di un romanzo. È sposata con René, un uomo che la trascura. Ha un amante, una bimba che si chiama Marta e un’amica che si chiama Stella. Da vent’anni vive a Roma e si mantiene facendo pulizie