
Il diario di Paci – 110. Un Natale esagerato
È arrivato un altro pacco regalo.
Ho firmato un’altra ricevuta.
Il fattorino, prima di darmelo, mi chiede se sono la moglie.
Che esagerazione. È solo un pacco natalizio.
Ma forse di questi tempi la gente ruba anche i pandori aziendali per mangiare.
E poi che esagerazione quella parola: moglie.
È una parola esagerata.
In chiesa, al catechismo, quando parlano di famiglia, parlano sempre dei figli, della società, dell’importanza della famiglia.
Io vorrei sentire la parola moglie ogni tanto.
Sposarsi è avere una moglie, non è avere figli.
La cosa più importante è che tu sia un compagno e non che sia solo un buon padre.
Ci sono ottimi padri non sposati.
Ci sono pessimi mariti che si sono impegnati più a fare bene il filmino del matrimonio che il matrimonio stesso.
Chissà perché mi vengono questi pensieri.
Tra poche ore è Natale.
Eh, sì, scusi, sono la moglie. Dove devo firmare?
Ho lasciato dormire Marta stamattina.
È vacanza e poi col cenone si farà tardi stasera.
Poi c’è la Messa di mezzanotte.
Mi piace questa Messa. Esagerata. Messa esagerata.
È la Messa di tutti quelli che non vanno mai a messa e di tutti quelli che ci vanno sempre.
Serve per chi ha una fede grossa grossa e per chi ce l’ha piccola piccola ma almeno con la scusa della messa si allontana da tavola e da quei parenti che non si ricorda neanche chi sono.
È esagerata pure lei: è la Messa di tutti.
Marta ha chiesto tutti i regali che desiderava. Tutti.
I più grandi. I più belli. I più divertenti.
I bambini non hanno paura di esagerare.
Esagerato, è la misura normale di ogni desiderio. Poi però, crescendo, ce lo scordiamo.
Da bambini si hanno solo sogni grandi, esagerati.
Io so ancora sognare?
Sì. Perché sono una donna esagerata.
So sognare perché sogno solo quello che posso avere.
Desidero le cose più belle che posso raggiungere.
Non voglio qualcosa che non posso raggiungere.
Non è come al supermercato che se non arrivi allo scaffale giusto, ti metti in punta di piedi, e , se non riesci ancora, chiedi aiuto al commesso più alto.
No, non è così che vivo.
Io sogno la mia vita.
Io sono felice con quello che ho e con quello che aspetto ma di cui già sento i passi fuori la porta.
Non sono una donna impossibile, inarrivabile, irraggiungibile.
Sono una donna che entra nei sogni realizzabili.
Accendo le lucine e spengo le luci.
Mi piace l’albero illuminato nel buio.
Mi piacciono le finestrelle del presepe illuminate.
René dice che è pericoloso l’albero acceso. Che finiamo arrosto.
Va bene, ci sto attenta.
Ma ora aspetto un po’ a spegnerle.
Mi godo la penombra di questa casa che non è mai illuminata, che non è mai piena di sole, e a me piace tanto così. In ombra.
Così mi godo le lucine anche di giorno.
Mi manchi da morire, amore mio.
A volte penso che sia tutto cambiato tra noi, amore mio.
E poi mi accorgo che è l’amore che è fatto così: più ami e più fai spazio.
Più ami e più persone ami.
Attiri tutti, se ami.
Desideri tutti, se ami.
Sei desiderato da tutti, se ami.
Se è amore, è esagerato.
Come una moglie.
Come la Messa di natale.
Come la lista dei regali che fanno i bambini.
Esagerato.
Tutta la vita.
Tutti tutti.
Quanto mi manchi, eppure se tutto qui, sei tutto.
(Il Diario di Paci, Mauro Leonardi)
Paci è il personaggio che ha dato vita alla protagonista del romanzo “Una giornata di Susanna”, acquistabile online e in tutte le librerie. È un’emigrante di origine venezuelana sposata con René, un uomo che la trascura. Ha un amante, una bimba che si chiama Marta e un’amica che si chiama Stella. Da vent’anni vive a Roma e si mantiene facendo pulizie.