Articoli / Blog | 08 Settembre 2015

L’Huffington Post – Sono prete e mi vergogno che la Chiesa non scomunichi i mafiosi (ma chi abortisce sì)

La decisione di sette giorni fa di Papa Francesco di concedere a tutti i sacerdoti la possibilità di assolvere dal peccato di aborto per il Giubileo, potrebbe essere il primo passo verso l’abrogazione della scomunica che tutt’ora grava su chi abortisce.

Questa scomunica, che ordinariamente può essere tolta solo dal vescovo e dai sacerdoti a cui il prelato decide di concedere le opportune facoltà, stride enormemente con l’assenza di un provvedimento analogo verso i mafiosi. Quando qualcuno mi chiede perché nella chiesa cattolica ci sia quest’enorme disparità di trattamento, davvero mi vergogno e non so cosa rispondere.

A questo proposito, bisogna aver chiaro che i mafiosi non sono scomunicati. Sebbene Papa Francesco abbia gridato a Sibari il 21 giugno 2014 che “i mafiosi sono scomunicati” questo non è vero, non lo sono, come si è potuto verificare tristemente con la tragica carnevalata dei funerali dei Casamonica.
Quella di Sibari era solo un’omelia, non un provvedimento canonico. Se in una predica della mattina a Santa Marta, il Papa dice che una certa persona è santa, quella persona non è canonizzata: per essere iscritti all’albo dei santi non è sufficiente che un Papa lo dica in un’omelia. Ci vuole un iter, un processo che ha molti passaggi. In concreto, la scomunica per i mafiosi – e analoga malavita organizzata – prima di essere promulgata dal Papa dovrebbe essere promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, visto che mafia, ‘ndrangheta e così via sono – purtroppo – realtà “nostrane”.

In genere alla mia proposta di scomunicare davvero i mafiosi si oppone che non è facile dire chi sia mafioso o no, ma questo non è vero. In teoria sarebbe semplice scomunicare i mafiosi perché l’appartenenza alla mafia è codificata da riti ben precisi: come avviene per il massone che, fino al codice di diritto canonico precedente, era scomunicato. Cioè, ripeto a rischio di essere pleonastico: chi compiva certi riti in una loggia diventava massone e quindi era ipso facto scomunicato.

Sarebbe semplice scomunicare i mafiosi allo stesso modo, perché non si tratterebbe di una generica appartenenza ma dell’affiliazione in senso stretto. Non è il fiancheggiamento, la simpatia, il parlarne bene o male, la condivisione ideale: no. Sono riti per cui prima sei fuori, poi sei dentro. Così come avviene per la massoneria. Il vero problema è che una decisione del genere non può essere imposta dall’alto ma dovrebbe nascere dalle diverse Conferenze Episcopali Regionali: quella calabrese, quella sicula, e così via. Probabilmente le resistenze sono lì.

Io personalmente toglierei la scomunica a chi abortisce – l’ho scritto già più volte – e la metterei ai mafiosi. Sono prete da trent’anni e non ho mai conosciuto un solo caso in cui la scomunica abbia costituito un serio deterrente per chi abortisce: chi lo fa è già immersa in un tale dolore (di mille tipi: morale, fisico, psicologico, umano) che la notizia di essere pure scomunicata ha l’unico effetto di scavare un ulteriore fossato. Ben altra funzione deterrente avrebbe invece la reale e canonica scomunica ai mafiosi. Perché la mafia da sempre – basti pensare al film Il Padrino – ha cercato di colludere il più possibile con la Chiesa.

Almeno però, se proprio non si vuol togliere la scomunica a chi abortisce – intendo, una volta passato il Giubileo – si aggiunga quella alla Mafia. Si evitino, almeno, scandali come quello dei funerali dei Casamonica.

 

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