
Blog – Carmelo e noi
Forse ora la chiamerei così la sezione del blog che riporta le lettere di Carmelo Musumeci.
La chiamerei così perché parliamo con lui da vari mesi, e ora ci si conosce, e il parlare è diventato dialogo, e il dialogo è diventato un appuntamento che è atteso da entrambi, Carmelo e noi, appunto.
La prima lettera di Carmelo ci è arrivata tramite Nadia Bizzotto, l’8 aprile 2015.
Il titolo era “Impiccati tra le sbarre”. Scorro i titoli delle lettere pubblicate ogni mercoledì e mi rendo conto che abbiamo parlato di tutto un mondo che non conoscevo. Non che non sapessi che esistevano le carceri. Che esisteva il carcere duro. L’ergastolo. E sapevo anche che le prigioni in Italia non sono sempre luogo di recupero, anzi. Ma quello che sapevo era veramente poco: una notizia, il problema. Non conoscevo una persona in carcere per scontare l’ergastolo, non così bene.
Quando conosci le persone, i problemi passano e diventano questioni delicate, non più questioni sul tavolo del prefetto, non solo punti all’ordine del giorno dell’agenda parlamentare e di un programma politico.
Quando conosci le persone i problemi hanno una faccia, e diventa più difficile perché non è più solo una questione di giusto o sbagliato. Ci sono i tribunali per quello. Diventa una questione umana. Se per parlare di ergastolo cerco le parole e per parlare con un ergastolano cerco le parole giuste, per parlare con Carmelo mi mancano le parole.
Radio Radicale ha tra le sue battaglie quella che riguarda il carcere e le condizioni dei carcerati in Italia. Hanno fatto un vero e proprio tour delle carceri italiane denunciando condizioni disumane e lesive dei diritti umani. Ne parlano spesso nelle loro trasmissioni mattutine e io, quando ci capitavo per sbaglio, mi annoiavo.
Con Carmelo, questi temi, escono dalle assonnate mattinate in macchina a sentire la rassegna stampa della radio e diventano il racconto della vita di un uomo.
Un uomo che vive lì dove non è contemplato vivere. Perché vivere vuol dire sperare, vuol dire attendere, vuol dire amare le persone che ami.
E come si fa a sperare se la tua condanna è senza fine?
E ad attendere qualcosa che per legge non arriverà?
E ad amare persone che non vedrai mai se non per poche pochissime ore premio centellinate negli anni?
Come si fa?
Non lo so perché non sono uno di loro.
Per questo delle lettere di Carmelo quello che mi piace di più è Carmelo.
Il suo modo di parlare, di ascoltare, di attendere, di amare, di studiare, di leggere, di scrivere, è il modo di Carmelo e io ho piacere di parlare con lui e mi commuove che lui ci dica a commento dell’ultima lettera di mercoledì passato:
“Cari visitatori del blog “Come Gesù”,
Nadia mi manda sempre i vostri scritti(mi sono arrivati anche i vostri auguri di buon compleanno) e ho pensato di scrivervi una lettera collettiva per ringraziarvi delle vostre parole che mi hanno fatto sentire che faccio parte ancora dell’umanità.
Grazie anche di leggermi, perché ci sono dei momenti che mi sento inutile e allora inizio a scrivere perché quando lo faccio mi sento vivo e leggendomi mi fate continuare ad esistere.
Un abbraccio fra le sbarre a tutti voi.
Carmelo. – Padova 21/08/2015”
E non era una lettera facile. Parlava dei suoi cinque anni nel carcere dell’Asinara. Un carcere con modalità di vita da lager.
Carmelo e le sue lettere mi dicono che si può chiamare vita solo una vita dove si ha qualcuno che ti “fa sentire vivo”,” parte ancora dell’umanità”, e se il blog servisse solo a questo è servito a tutto quello che volevo e volevamo.
Grazie a Carmelo e a tutti.