Papa Francesco – Il cristiano è chi sa accogliere, la Chiesa è casa dell’ospitalità
Un milione di fedeli ha partecipato ieri al parco di Ñu Guazú, ad Asunción, all’ultima Messa presieduta da Papa Francesco nel suo viaggio in America Latina. Significativa la simbologia della struttura in cui è stato posto l’altare, tutta ricoperta da spighe, pannocchie di mais, cocco e altri frutti, poi donati ai più bisognosi. In cima una grande croce, ai lati le icone realizzate con dei grani di mais, semi di zucca e girasole raffiguranti San Francesco di Assisi e Sant’Ignazio di Loyola, in omaggio alle missioni francescane e gesuite, le prime ad evangelizzare la terra paraguaiana. Nell’omelia, il Papa ha ricordato che il cristiano è una persona che accoglie. Il servizio di Adriana Masotti:
Cristiano è colui che ha imparato ad ospitare
La Chiesa e la famiglia umana nel pensiero di Dio che non contrasta anzi, realizza ciò che di più profondo c’è in ognuno: è questo che Papa Francesco descrive nella sua omelia. Il Vangelo della domenica parla dei discepoli che Gesù invia dando loro regole chiare e precise, indicando una serie di comportamenti che possono sembrare esagerati o assurdi: “Non prendete per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro… rimanete nella casa dove vi daranno alloggio”. È una pagina che “ci presenta la carta d’identità del cristiano”, dice il Papa. Ma c’è una parola-chiave, una parola centrale nella spiritualità cristiana: ospitalità. Rimanete dove vi accoglieranno … potremmo dire dunque, afferma il Papa, “che il cristiano è colui che ha imparato ad ospitare, ad accogliere”:
“Gesù non li invia come potenti, come proprietari, capi, carichi di leggi, norme; al contrario, indica loro che il cammino del cristiano è trasformare il cuore, il suo e quello degli altri. Imparare a vivere in un altro modo, con un’altra legge, sotto un’altra normativa. E’ passare dalla logica dell’egoismo, della chiusura, dello scontro, della divisione, della superiorità, alla logica della vita, della gratuità, dell’amore. Dalla logica del dominio, dell’oppressione, della manipolazione, alla logica dell’accogliere, del ricevere, del prendersi cura”.
Non si evangelizza con le strategie ma con l’accoglienza
Quante volte, dice Francesco, pensiamo la missione sulla base di progetti o programmi. L’evangelizzazione mediante strategie, tattiche e manovre; invece “nella logica del Vangelo non si convince con le argomentazioni, le strategie, le tattiche, ma semplicemente imparando ad ospitare”:
“La Chiesa è la madre dal cuore aperto che sa accogliere, ricevere, specialmente chi ha bisogno di maggiore cura, chi è in maggiore difficoltà. La Chiesa è la casa dell’ospitalità. Quante ferite, quanta disperazione si può curare in una dimora dove uno possa sentirsi accolto (….) Ospitalità con l’affamato, con lo straniero, con il nudo, con il malato, con il prigioniero, con il lebbroso, con il paralitico. Ospitalità con chi non la pensa come noi, con chi non ha fede o l’ha perduta e qualche volta per colpa nostra. Ospitalità con il perseguitato, con il disoccupato. Ospitalità con le culture diverse, di cui questa terra è così ricca. Ospitalità con il peccatore, perché tutti lo siamo”.
La fraternità vince il male della solitudine
C’è una radice, dice il Papa, che causa tanti danni, che distrugge silenziosamente tante vite: la solitudine! Ci separa dagli altri, da Dio, dalla comunità. Ci rinchiude in noi stessi:
“Perciò, quello che è proprio della Chiesa, di questa madre, non è principalmente gestire cose, progetti, ma imparare a vivere la fraternità con gli altri. È la fraternità accogliente la migliore testimonianza che Dio è Padre, perché ‘da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri'”.
Nessuno può obbligarci a non essere accoglienti
In questo modo, continua il Papa, Gesù ci apre ad una nuova logica. Un orizzonte pieno di vita, di bellezza, di verità. Lui, donatoci dal Padre, è la Parola definitiva per tante situazioni di esclusione, di disgregazione, di chiusura, di isolamento, di solitudine:
“Una cosa è certa: non possiamo obbligare nessuno a riceverci, ad ospitarci; è certo ed è parte della nostra povertà e della nostra libertà. Ma è altrettanto certo che nessuno può obbligarci a non essere accoglienti, ospitali verso la vita del nostro popolo. Nessuno può chiederci di non accogliere e abbracciare la vita dei nostri fratelli, soprattutto di quelli che hanno perso la speranza e il gusto di vivere”.
La Chiesa è madre che accoglie
La Chiesa è madre, come Maria. In lei che ha ospitato la Parola di Dio, conclude il Papa, abbiamo un modello:
“Così vogliamo essere noi cristiani, così vogliamo vivere la fede in questo suolo paraguaiano, come Maria, accogliendo la vita di Dio nei nostri fratelli con fiducia, con la certezza che: Il Signore ci darà la pioggia e la nostra terra darà il suo frutto”.
La Chiesa, casa di tutti
A Maria il Papa rivolge lo sguardo anche nel pensiero che precede la preghiera dell’Angelus: come in molti altri Paesi dell’America Latina, dice Francesco, la fede dei paraguaiani è impregnata di amore alla Vergine. Non cessate, dunque, di invocare Maria. Con il suo aiuto, la Chiesa sia casa di tutti, una casa che sappia ospitare, una madre per tutti i popoli. E’ il momento del saluto finale:
“Cari fratelli, vi chiedo, per favore, di pregare anche per me. So bene quanto si voglia bene al Papa in Paraguay. Anch’io vi porto nel mio cuore e prego per voi e per il vostro Paese”.
L’abbraccio con l’esarca Tarasios
Prima dell’Angelus, commovente l’abbraccio di Papa Francesco con l’arcivescovo metropolita di Buenos Aires ed esarca per l’America meridionale, Tarasios Antonopoulos, che gli ha portato i saluti del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e rivolto parole di gratitudine per averlo accolto in questa giornata in Paraguay. L’arcivescovo si è augurato anche di vedere presto il Papa in Argentina.