Il diario di Sandokan – La trasformata di Fourier
L’altro giorno mi son messo a parlare di Trasformate di Fourier, qui sul blog. Le ho citate giusto per dire che è possibile aver voglia di chiacchierare di argomenti che non interessino tutti – o che non sono direttamente comprensibili a tutti – senza per questo desiderare di escludere nessuno. Anzi, di solito, è chi parla di Trasformate di Fourier che si trova solo.
Provate ad accennare all’argomento in questione a un gruppo di conoscenti per strada o anche su questo blog. Si crea subito il vuoto attorno a voi. A uno a uno si allontanano tutti e rimanete soli a chiacchierare di trasformate “con” Fourier. Solo che lui è morto – è invisibile agli occhi come direbbe il Piccolo Principe – e voi sembrerete a tutti dei matti che parlano da soli. E invece siete solo sfortunati, perché potevate avere un amico e invece lui ha pensato bene di lasciarvi. E non potete neanche fargliene una colpa: non ha scelto lui di morire prima che voi nasceste.
Non so se vi siete mai immaginati la vostra vita in Cielo. Io mi immagino che il Cielo sia pieno di gente che ha voglia di sentirmi parlare della trasformata di Fourier. Perché non dovrebbe essere così? Non posso parlare di tutto con Dio nella preghiera? Perché non posso parlargli di Fourier? E in Cielo sono tutti come Gesù, quindi a loro Fourier interessa molto. Dalle mie parti, sul pianeta Terra, non è tanto così. Qui le persone sono piene di impegni.
Certo, c’è una parte di Cielo misteriosa anche per me. E’ quella in cui sono gli altri, o forse alcuni tra gli altri, che parlano a me. Riuscirò davvero a entusiasmarmi, per esempio, nell’ascoltare il mio vicino di casa intento a spiegarmi le regole del Burraco? Mi sembra impossibile, al momento. Sono anni che ci prova – è vivo e vegeto, e davanti a una “pinella” (che non so cosa sia) gli brillano gli occhi – ma io, su questa Terra, sfuggo alla sua conversazione. E’ questa la parte di santità che mi manca. Non vedo l’ora che smetta di parlare di “burraco” per raccontargli di Fourier!
Tornando a noi, la verità è che se parlate di “amore”, o di “fede”, o di “calcio”, o di “immigrati”, o di “povertà”, qualcuno attorno a voi riuscite a rimorchiarlo. Ma la Trasformata di Fourier non “stende” nessuno. Secondo me Pitagora fondò la sua scuola perché non aveva trovato nessuno accanto a lui che rimanesse folgorato dal fatto che l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa fosse equivalente alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti. Avrà provato a raccontarlo in giro, il pover uomo, ma si sarà imbattuto in un sacco di gente che aveva cose più importanti da fare.
Però la vita riserva sorprese.
Il giorno dopo che ho scritto quello che ho scritto, una mia amica lettrice del blog mi ha chiesto di spiegarle la Trasformata di Fourier. Ragazzi, è stato bellissimo. Mi sono messo nei suoi panni di profonda conoscitrice delle quattro operazioni e ho cominciato a raccontare. E anche a provare a trasmettere la gioia che deve aver provato Fourier nello scoprire strumenti per interpretare e rappresentare le leggi della natura. Cioè che la natura era comprensibile. E ho provato anche a farle capire che non erano belli solo i sonetti di Shakespeare, ma anche le cose che avevo studiato io. Pare che per Pitagora la ricerca dell’armonia dell’universo fondata sui numeri fosse il suo modo di pregare e di ringraziare. Mi sono ricordato pure che Newton è sepolto a Westminster Abbey e Galileo nella basilica di Santa Croce a Firenze.
Mentre spiegavo a una insegnante di Italiano cosa fossero le componenti armoniche di una funzione matematica, mi rendevo sempre più conto che non sono gli “argomenti” a tenere unite le persone o a dividerle ovvero che le persone in qualche modo unite possono chiacchierare di qualunque cosa, a patto che lo vogliano fare. Ho anche pensato al cardinale Luciani che una volta chiese: “Qual è la cosa più importante per insegnare il latino a Giovanni?”. E rispose così: “Voler bene a Giovanni!”.
La “verità” spesso uno è tentato di ricercarla nella Trasformata di Fourier o nelle regole del Latino, mai nelle “relazioni” che tengono unite le persone. E così la verità diventa inutile, incomprensibile, offensiva.
Sandokan è la Tigre della Malesia, questo si sa. In verità negli anni della sua giovinezza – quando il corpo esultava – le tigri, lui, le uccideva. Ma poi scelse la via di Lutet con i draghi. È l’eroe di sua figlia che, bambina, gli diceva: “Voglio essere anch’io una tigre, una tigre-femmina! Si può?”. “Certo che si può! Ma cosa credi che faccia una tigre tutto il giorno?”. “Lo so, lo so! Legge, studia e racconta favole!