Blog / Lettere | 19 Aprile 2015

La Lettera di don Paolo Tammi – A chi dà fastidio Papa Francesco?

Don Paolo Tammi è parroco di San Pio X, a Roma zona Balduina. In occasione del secondo anno di pontificato di Papa Francesco (13 marzo 2015) ha scritto un post (16 marzo 2015)  che ho trovato per molti aspetti interessante. Gli ho chiesto il permesso di poterlo pubblicare sul blog, ed eccolo qui. In amicizia con don Paolo.

Papa Francesco chi disturba? A chi dà fastidio? Dà fastidio anzitutto alla curia vaticana cioè a quell’insieme di organismi e dicasteri che dovrebbero aiutare la Chiesa cattolica, cioè il popolo di Dio, a vivere meglio la loro missione. Se la curia serve di aiuto,  dovrebbe dare anzitutto una testimonianza autorevole. Invece è a tutti noto che Francesco ha ereditato una gestione curiale non solo pessima ma anche autoritaria ( il contrario di autorevole) , ovvero in mano di un solo uomo, al quale papa Benedetto aveva delegato tutto ( o che si era preso tutto). Un uomo incapace di avere la fiducia di tanti suoi stessi collaboratori, oltre che quella di tanta gente comune, che, per il fatto di essere comune,  non è certo stupida e incapace di discernimento.

Francesco dà fastidio a quel conservatorismo insito nella mente di tanti cattolici, come fosse un codice genetico, a motivo del quale ogni dichiarazione dirompente, ogni esame di coscienza sulla serietà e validità di certi comportamenti, ogni naturale estremismo evangelico ( perché il Vangelo è estremista, nel senso in cui Gesù si è posto all’estremo della sua società religiosa) è fastidioso, irritante e fa scuotere la testa di chi non riesce a pensare altro che le cose debbano rimanere così e così per sempre. Nel corpo di questo conservatorismo arde una febbre eterna: l’incapacità radicata di distinguere le verità del Credo dalle dottrine morali. E – nell’ambito stesso delle dottrine morali – l’incapacità di distinguere valori da valori, opinioni storicizzate da certezze forti della tradizione, cose vecchie e cose nuove. E se è vero, perché l’ha detto Gesù, che ogni scriba saggio trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche ( cfr Mt 13,52) , è altrettanto vero che la confusione tra le une e le altre è segno di uno squilibrio e di una mentalità accecata, che non farebbe crescere alcun tipo di società tantomeno la Chiesa.

Francesco dà fastidio a tanti preti, i quali dicono che il Papa parla male di loro. State pur certi ( parola di prete) che questi preti soni i primi a parlar  male di tantissime persone, parlano male di altri preti, parlano male del popolo di Dio loro affidato perché se ne lamentano di continuo, parlano male del loro vescovo, tuttavia se Francesco li scuote ( ci scuote), come si scuote l’otre che contiene del buon vino, vanno in tilt totale. E come li scuote? Dicendo per esempio che è bene che i preti facciano una vita sobria, che non abbiano auto di lusso, non facciano vacanze di lusso, non siano oziosi e accidiosi nel loro ministero e tengano conto che, se un papà si alza alle 6 del mattino per portare i figli a scuola, non è accettabile che un prete si alzi alle 9 o vada la sera, ogni sera, in giro per cantine, birrerie, campi di calcetto con i cosiddetti “giovani della parrocchia” ( quali giovani?) mentre un papà è stanco morto e non se lo può permettere. Dicendo loro, per esempio,  che devono prepararsi l’omelia e non improvvisare, facendo scontare un duro purgatorio ai praticanti, dicendo che devono essere attenti ai poveri, che devono cercare i lontani, che è opportuno – nella pastorale – non solo gestire l’esistente ( poco e sempre meno) ma inventarsi strade nuove, strade difficili ma non impossibili, sentieri che si scavano se si dà fiducia ai laici, se non si è schiavi delle proprie fissazioni o del “ si è sempre fatto così e basta”. A non pochi preti così Francesco dà il prurito e l’orticaria.

Francesco infastidisce quando accarezza la possibilità che i divorziati risposati si accostino alla Comunione. Stiamo parlando probabilmente di uno dei due coniugi ( non per forza di entrambi) che potrebbe essere ( non necessariamente è) il meno colpevole del fallimento del primo matrimonio e che dovrebbe ( non è detto che lo faccia) compiere un cammino penitenziale e dare certezza che la sua sia una vera conversione, più che un bisogno emozionale o una sistemazione di credibilità sociale. La Comunione, cioè il pane di vita, a queste serie e verificate condizioni! Non così, tanto per essere buoni! E c’è chi dice che così facendo la Chiesa crollerebbe! Ma come si faccia a dire amenità simili Dio solo lo sa. La Chiesa è nata da Cristo, dalle sue promesse e dalla sua Resurrezione. E’ nata dal sangue dei martiri. Si è consolidata dopo i grandi concili dei primi secoli che hanno combattuto eresie di fede con le armi del dialogo e del consenso. E crollerebbe o verrebbe meno alla sua identità evangelica se ammettesse i divorziati risposati ai sacramenti? O se usasse un linguaggio più tenue verso gli omosessuali, non certo partecipando con sue delegazioni ai “ gay pride”, ma casomai accogliendo il dolore e la difficoltà di quei genitori che hanno un figlio omosessuale o di quegli omosessuali che chiedono di non essere allontanati dalla Chiesa stessa, perché vogliono nutrirsi dei mezzi di salvezza che la Chiesa amministra ( non ne è proprietaria), spesso per vivere con maggiore speranza la possibilità di una vita normale, senza giudizi, senza fobie, senza emarginazioni anche nella propria Chiesa?

Francesco fa imbestialire vescovi che sono diventati vescovi perché hanno frequentato più le curie dei confessionali o perché hanno usato l’organo tattile della lingua verso il cardinale di turno o perché hanno scritto libri che non dicono assolutamente nulla, pontificando sulla parrocchia senza aver mai fatto un giorno di parrocchia, sulla catechesi senza aver mai tenuto un gruppo di ragazzi a catechismo o su questioni sociali senza aver mai incontrato un operaio o un metalmeccanico o senza mai aver messo piede in una mensa di fabbrica o in un dopo lavoro e senza mai aver tradito  la loro origine borghese ( che non é un peccato, certo, ma consiglierebbe una maggiore prudenza a parlar di temi che non si conoscono, non si sono vissuti né se ne sono mai conosciute le ferite). Sia ben chiaro, chi ha scalato il potere ecclesiastico, desiderandolo dalla culla ed essendone uno spregiudicato esecutore e lacchè, non può amare un papa come Francesco. Che ha come ogni papa un immenso potere ma che si sforza di usarlo senza mentalità da privilegio o senza amare cortigianerie principesche. Chi vola basso da sempre come in un pollaio  e cionondimeno l’hanno fatto vescovo, ha scarse passioni per le alture e meno ancora per le vette.

Perciò Francesco è solo e fa fatica a fidarsi di chi più strettamente lo circonda. Perciò Francesco ( e non è certo il primo papa così) ritrova se stesso quando sta a contatto con la gente, quando è vescovo e pastore del popolo di Dio. Perciò Francesco è stanco, come lo è chiunque , quando vede un’ingiustizia, non gira il collo verso il muro ma se ne prende cura, passione e ansia. Sono figlio prete di una Chiesa che mi ha dato tutto, che è sta per me madre e alla quale – come tanti colleghi e amici – mi sforzo di restituire tutto ogni giorno. Di pastori come Francesco ne ho visti alcuni, grazie a Dio nei tempi delicatissimi della formazione. Poi ho visto di tutto e di più, per questo vedo ora– come tanti – Francesco come un dono di Dio per un mondo che blatera e non tira fuori nulla se non chiacchiere, protagonismi, grandi sistemi cartesiani che non smuovono la crisi in cui siamo nemmeno di un centimetro. Perciò prego per Francesco ogni giorno e credo ognuno le debba fare, per la forza smisurata e inarrestabile della preghiera.

Il blog di don Paolo Tammi

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