Articoli / Blog | 03 Febbraio 2015

ilsussidiario.net – IL CASO/ Chiude Charlie Hebdo e i mussulmani non c’entrano…

Dopo la strage, il primo numero di Charlie Hebdo toccò i sette milioni di copie. Quello di mercoledì prossimo non uscirà. Rinvio a tempo indeterminato. La redazione dice che non è solo un problema di stress e di stanchezza. Sei eventi terroristici in tre giorni, diciassette morti, una ventina di feriti, la più grande manifestazione di piazza dal dopoguerra ad oggi. La solidarietà del mondo intero. Gli errori dei servizi segreti, gli eroismi degli agenti, le testimonianze, la paura. Il Papa, che di ritorno da uno stancante viaggio in Asia, chiarisce la sua frase su quanto sia naturale aspettarsi un pugno da qualcuno la cui madre viene insultata: “In teoria, possiamo dire che una reazione violenta davanti a un’offesa, è sbagliata. Nella teoria siamo tutti d’accordo. Ma siamo umani, e c’è la prudenza. Io non posso insultare, provocare una persona continuamente, perché rischio di farla arrabbiare, rischio di ricevere una reazione non giusta, non giusta. Ma è umano. Per questo dico che la libertà di espressione deve tenere conto della realtà umana e perciò dico che deve essere prudente.”
Tutto questo torna alla mente ora che Charlie Hebdo chiude “provvisoriamente a tempo indeterminato”. Adesso, forse, possiamo dire che per fare satira bisogna essere intelligenti mentre a insultare siamo capaci tutti (Francesca Gheduzzi, facebook). La satira è qualcosa di molto sottile: è la capacità di svolgere una critica mordace che, sul viso di chi è caricaturato, dipinge un sorriso: non ira o sdegno. La satira, bisogna dirlo, richiede intelligenza da entrambe le parti, per questo la croce non può essere buttata solo ed esclusivamente sulle spalle del settimanale francese. Rimane che ad offendere siamo capaci tutti e che per far satira bisogna essere bravi e ci riescono in pochi. E se non si è certi che l’intelligenza c’è da entrambe le parti, se tra le guance e le mani che tirano schiaffi la distanza è troppo poca, meglio fermarsi. Non conoscevo Charlie Hebdo prima degli attentati e mi dicono che navigasse in cattive acque. I fatti dal 7 gennaio in poi sono da condannare in modo assoluto ma chiunque, ora, può dire che troppo spesso quel giornale mancava di rispetto. E questo, oggi, è grave, gravissimo. Quest’estate il mondo pro choice insorse quando Dawkins twittò che non abortire un bimbo down era immorale. Avete letto bene: insorse il mondo pro choice non solo quello pro life. Perché le donne vogliono che le loro scelte vengano rispettate prima ancora di sapere in quale direzione vanno. Può sembrare poco, ma “rispetto” è oggi la parola più importante dell’occidente. A me sembra moltissimo: è proprio il modo più chiaro e semplice per segnare il confine tra noi e un certo mondo mussulmano. E mancare loro di rispetto – attirando poi una violenza ingiustificata – significa abdicare alla propria identità e parlare lo stesso linguaggio di chi insulta. Per questo è giusto dire adesso, a un mese di distanza, che Charlie Hebdo è – o, forse, “era” – un giornale molto offensivo, irrispettoso, a tratti persino squallido ed irritante. Lo era per tutti. Non solo per i cattolici o i mussulmani. Per chiunque in occidente e nel mondo conosca il valore della parola “rispetto”.

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