Blog / Lettere | 11 Ottobre 2014

Le Lettere di Paolo Pugni – Provvidenziale cambio di vocale

La Provvidenza gioca simpatici scherzi che ti mettono con le spalle al muro, con la necessità di interrogarti se poi, alle cose che credi, credi veramente o se ti riempi solo la bocca e non muovi un dito.
Perché siamo tutti peccatori e illuderci di non esserlo è il peccato più grande.
Così devo richiamare per lavoro un cliente e finisco per telefonare ad amico che differisce solo di poche lettere dal contatto di lavoro.
Marco, chiamiamolo così, era uno tosto, di quelli puri, anche esigenti. In primis con sé. Si chiedeva se effettivamente aveva “la faccia da salvato” la faccia di chi sorride al mondo senza preoccuparsi dei dolori perché sa di stare sotto il mantello giusto.
Perché il dolore ci sta, la paura un po’ meno, la preoccupazione è border line, ma la tristezza no. Mai.
Che la tristezza –quando non è malattia- è da codardi auto referenziati, da immaturi, incapaci di leggere nella trama della vita l’omnia in bonum che promette il centuplo quaggiù.
Insomma la sua faccia da salvato Marco la portava in giro e la imponeva, un tantinello, anche ai suoi: diciamo moglie e 5 figli così per continuare il gioco dell’anonimato. Aveva letto che la scrittura va portata come pendaglio sulla fronte e scritta sugli stipiti e così aveva fatto, aveva attaccato sulle porte frasi salienti. Insomma.
Poi una primavera ha dato fuori di matto. Ormoni o che altro. Ha piantato tutto ed è fuggito via, con una collega, per “cercare i miei spazi” “vivere la mia vita” perché “ho dato abbastanza alla famiglia ed è ora che adesso pensi a me” e altre minchiate –scusate la parola, qui ci vuole- simili.
E tu cosa fai? Ti chini ancora di più sulla famiglia rimasta, che deve barcamenarsi per tirare avanti e difendere lo spirito, aiuti lei e loro e lui, beh lui, ci tiri sopra una bella riga con sdegno e condanna.
Eh già.
Però la Provvidenza ti tira per la frangia, ti sussurra la misericordia, ti parla della centesima pecora, ti ricorda i tuoi doveri “hominem non habeo: non c’è nessuno che mi aiuti” e ti sfinisce a tal punto che senza volere invece che chiamare Mario Rossi, diciamo così, telefoni a Marco Rosso. Cioè lui.
E quando ti risponde e lo riconosci che cosa fai?
Perché la prima tentazione è mettere giù. Da vigliacchi. E ti restano 15 microsecondi per accettare l’occasione che la Provvidenza ti offre per cercare di ricucire, di inventare qualche cosa. E parli, domandi, non accenni, non accusi. Chiudi con la promessa di rivedersi. Che adesso va mantenuta. Il punto è: come e cosa fare? E senza tradire i traditi? Basta affidarsi alla Grazia. Basta… si fa per dire ovvio.
Suggerimenti?