Articoli / Blog | 01 Ottobre 2014

L’Huffington Post – Preti: perché con i bambini si insabbia e con la donna si punisce?

L’arresto dell’ex-nunzio polacco Jozef Wesolowski ha mostrato che, quando vuole, l’autorità ecclesiastica può intervenire. Ciò ha reso ancor più urgente il tentativo di rispondere alla domanda che molti mi fanno: perché con i bambini si insabbia e con la donna si punisce? Perché se un prete fa sesso con una donna o peggio con una suora – che comunque sono persone adulte, libere e consenzienti – la punizione ecclesiale cade immediata come una mannaia e invece c’è tanta lenta pesantezza con i bambini? Con la premessa che dire “chiesa” e intendere “i preti che governano” non è corretto, provo a dare due risposte che hanno i pregi e i limiti delle sintesi.  Ho due spiegazioni a questo fatto. La prima, divisa in due parti entrambe terribili, è che le scoperte evidenziate dalla medicina in modo assoluto e certo, quelle che riguardano i profondissimi danni strutturali arrecati al bambino dalla violenza sessuale, non vengono accettate da un certo clero. C’è ancora chi pensa che l’aborto sia peggio della pedofilia. Il motivo è che non ci si fida della scienza ma si chiudono colpevolmente gli occhi con ragionamenti tipo “i complotti delle lobby massoniche”, “la scienza illuminista”, “chi vuol male alla chiesa”, “i gay”, “gli ebrei”, e così via. È necessario prendere atto che ci sono preti che danno credito solo ai superiori, per cui dovrebbero essere questi a dir le cose con chiarezza e non dovrebbero lasciare il compito al solo Francesco. Ciò è terribile ma ancor più terribile è, soprattutto nelle periferie sociali intese in senso ampio, la diffusissima pedofilia familiare. Per questo vorrei che uno degli argomenti del prossimo Sinodo straordinario fosse la pedofilia in famiglia. In fin dei conti, si pensa, il parroco fa quello che fanno lo zio e il nonno. E, si aggiunge tacitamente, “nulla di nuovo sotto il sole”. Mi viene da piangere, ma è così. Il secondo ordine di considerazioni – come sostengo da qualche anno – riguarda l’eccessivo uso del paradigma sponsale per spiegare il celibato. Paolo di Tarso dice che la chiesa è sposa di Cristo, e questo è vero. Però, a meno di non avere una visione clericale della vita, si capisce che la chiesa sono tutti: anche i laici sposati. Un marito sposato con cinque figli è “sposa di Cristo” tanto quanto una suora. Purtroppo, questa cosa di buon senso, nella prassi non viene capita e diventa che la suora è sposa di Gesù e il parroco è sposo della chiesa. Se però il parroco e la suora cominciano a fare sesso  – com’è nell’ordine delle cose se si rimane ingabbiati in quello schema – la chiesa istituzione vive questa carnalità come un adulterio perché paradossalmente l’essere “sposa di Cristo” significa per preti e suore vivere “la verginità”: e quindi, se fanno l’amore, io, “chiesa istituzione”, mi sento tradita. E vivo questo tradimento come lo ha sempre vissuto la società contadina, patriarcale e sacrale di venerata memoria. È facile capire come l’espulsione non sia altro che un omicidio sublimato. Va aggiunto che la categoria mentale che legge la verginità come conseguenza della sponsalità, costringendo a vivere nelle angustie del paradosso, spinge il cristianesimo lungo la strada tortuosa e dolorosa dello spiritualismo gnostico, cioè proprio verso quella “sapienza” contro cui tuona Papa Francesco. E tutti sanno che lo gnosticismo è una forma di manicheismo: dove il bene è il pensiero, lo spirito è il maschile; e il male è il corpo, la materia è la donna. E quindi il sesso. Tra costoro, la convinzione è che Maria sia stata scelta da Dio perché vergine. Ed invece lei stessa dice di essere stata scelta perché umile. Ma l’umiltà, a chi comanda, non interessa.

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