Blog / Il diario di Paci | 22 Agosto 2014

Il diario di Paci – 42. La telefonata

Sapevo che avresti chiamato.
Non lo so, a volte lo sento anche se non è proprio un sentire.
Di verbi ne so pochi ma questo lo so che non è quello giusto.
Non è sentire.
È che a volte le coincidenze sono solo una domanda che trova la sua risposta.
Ti volevo sentire, tu chiami.
Poi ci sono quelle giornate che esci di casa.
Ed è rimasta la vibrazione senza squillo.
Quella che metto per non dare fastidio a Marta quando dorme.
Poi ci sono quelle giornate tutte di corsa, tutte con la testa che corre avanti.
Perché è tardi, perché è troppo presto, perché tante cose.
Tutte da fare, tutte da pensare.
E tutto non ci sta in certe giornate.
E il telefono lo metti fuori dalla borsa perché hai paura di non sentirlo.
E poi guardi.
Nessuna chiamata.
E lo rimetti in carica.
Perché il tempo passa in fretta.
E la batteria ancora più in fretta.
E lo metti in carica.
E allora cerco una spina.
E l’unica libera è un po’ lontana dalla stanza dove devo lavorare.
Ma tanto lo sento.
Ma oggi è una giornata piena.
E la testa è piena pure lei.
E metto il telefono sulla sedia.
Ma ci hai messo il tuo cuscino, Marta.
Quello della bambola.
E il telefono va sul cuscino sulla sedia.
Perché il filo della ricarica è corto.
E fino al mobile non ci arriva.
E mi metto a lavorare.
Mi tuffo nei compiti, dice Marta.
Mi tuffo, dice.
E io così faccio.
Mi tuffo nelle cose di casa.
Come se fossi sott’acqua, non sento più nulla.
Come se fossi sott’acqua, sento solo i rumori che faccio io.
Perché è un lavoro rumoroso quello dei lavori di casa.
Ne faccio tanti di rumori.
Rumore di acqua.
Rumore di lavandino che togli il tappo e l’acqua va giù.
Rumore di lavastoviglie con i piatti che metti dentro.
Con il cestello che lo chiudi e le posate sbattono.
Con rumore del motore che tira dentro l’acqua.
Col rumore dell’acqua che gira.
E poi apri e chiudi.
Cassetti, pensili, porte.
Tutto un rumore.
Ecco.
Ho finito.

Stacco la spina al cellulare.
Non ho sentito chiamate.
Non importa.
Cioè importa ma tanto lo so che non chiami sempre.
A volte le coincidenze rimangono domande senza risposta.
Però, strano, lo sapevo, lo sentivo, come è che si dice?
Qual è il verbo giusto?
Di solito quando penso che ti aspetto, tu te ne accorgi e chiami.
Stavolta no, però.
Stacco il cellulare.
E si accende lo schermo.
Tre chiamate senza risposta.
Tre chiamate perse
Hai chiamato tre volte.
Non avevo rimesso la suoneria.
Non succede mai.
Non deve succedere mai.
È successo.
E lo avevo anche messo sul cuscino.
Quello di Marta.
Nessuna vibrazione a far rumore.
Due telefonate a distanza di cinque minuti.
E una dopo mezz’ora.

Quanto sono dispiaciuta.
Non mi capita mai.
Sono sempre tanto attenta.
Non mi piace quando non rispondi e allora io cerco di non farlo a te.
E ora tre chiamate perse.
Le tue.
Provo a richiamarti.
Ma non rispondi più.

La telefonata più lunga è quella a cui non ho risposto.
La telefonata più lunga è la telefonata persa.
Non finisce più.
Non riattacco più.
Rimane il pensiero sempre collegato.
È la telefonata persa la telefonata più lunga e dolorosa.
Perché sentirti.
Anche se poco.
Anche se hai la voce strana.
Anche se è solo voce, perché lo sento quando con la testa stai da un’altra parte.
Anche quella telefonata mi basta.
Sentirti poco e male mi basta.
Ma la telefonata persa è la più difficile da sopportare.
Rimane sospesa.
E io, in bilico con lei.
Non si può finire perché non è iniziata.
E se non ho la tua voce da risentirmi dentro.
Una tua parola da ridirmi, da riascoltarmi, da sola.
Il pensiero si inceppa.
Si perde.

Ora è notte.
Vado a dormire.
Alla fine hai mandato un messaggio.
Stai ancora lavorando.
Anche io finisco ora.
Faccio il giro di casa.
Spengo le luci.
Chiudo le finestre.
Tutte le zanzare sono già entrate.
Potrei anche lasciarle aperte ormai le finestre.
Andavano chiuse prima.
Ma oggi è una giornata così.
Piena di cose da fare.
Tante cose.
Tanti pensieri.
E le finestre sono rimaste aperte.
E i telefoni senza suoneria.
E le zanzare sono entrate.
E le telefonate pure.
E ormai è troppo tardi.
Per tutte e due le cose.
Il danno è fatto.
Dormirò poco per le zanzare.
Dormirò poco perché mi dispiace tanto che non ti ho sentito.
Mi sa che io ti amo tanto.
Perché l’amore non è sempre grandi struggimenti.
Ma anche le cose piccole che sembrano grandi, grandi dannni.
Ora cancello e riscrivo.
Levo il “Mi sa”.
E metto “Lo so”.
Lo so che ti amo tanto.
Ecco, così va bene.

(Il Diario di Paci, Mauro Leonardi)
Paci è il personaggio che ha dato vita alla protagonista del romanzo “Una giornata di Susanna”, acquistabile online e in tutte le librerie. È sposata con René, un uomo che la trascura. Ha un amante, una bimba che si chiama Marta e un’amica che si chiama Stella.