Blog / Lettere | 19 Luglio 2014

Le Lettere di Paolo Pugni – Ci vorrebbe un amico

Ci vorrebbe un amico. No, non per dimenticare. Anzi per capire bene che cosa è la vita e come la voglio vivere. Perché capita che t’imbatti in una serie di coincidenze che Steve Jobs chiamava i puntini da unire, qualcuno banali coincidenze, altri serendipity e la lettera ai Romani chiama omnia in bonum, e io ci credo a questa cosa qui, che la casualità non è caso ma soprannome di Dio. E così mentre impazzano le nostre Terrazza, per il ventiduesimo anno cene per uomini soli nella Milano estiva e accaldata, da milanese imbruttito che arriva con la car2go alle 21.00 dagli amici ancora in giacca a cravatta perché è appena uscito dall’ufficio, capita che ti ascolto la meditazione audio di don Mauro di qualche tempo fa sul tema dell’amicizia. E ti prende una malinconia perché forse alla fine io di amici non ne ho mai avuti. Non perché non si siano spalancati, ma perché non li ho accolti. E poi no, dici, ieri sera eravamo in 18 in Terrazza, felici per essere insieme, trovare lo spazio per mescolare i cuori, gli ardori, le speranze: qualcuno c’era in quel mese di luglio 1993 quando la Terrazza ha aperto per la prima volta dato che moglie e figli (7, 5 e 1 anno!) erano in campagna dalla nonna (della moglie, mica dei figli, ma c’era anche quella) e da soli a Milano ti viene l’uggia quando fa caldo e il cielo gioca a sbiadire le speranze senza cancellarle, e nel 93 di speranze si viveva. Ce n’erano un 2 o 3 l’altra sera di reduci, e ci guardava addosso, più pelati, imbolsiti, poveri, suoceri, stanchi eppure felici di essere lì insieme a raccontarsela, almeno una volta all’anno trovarsi in questa città che divora e prosciuga e ti dà tanto e di più e con generosità, e al contempo chiede, e aspira, e non ti si stacca di dosso come la tua ombra. Ma è amicizia questa o solo frequentazione? Dove batte il mio cuore? Di sicuro so di chi sono amico: di mia moglie, che quest’amore qui è più grande di quello coniugale, se possibile –così dice don Mauro, chiedere a lui- perché è radicato su un amicizia che scende giù fino al 1980 quando tutto sembrava bello, doveva essere bello, te lo doveva accidenti anche Dio te lo doveva, sennò che ti aveva chiamato a far alla vita? Ecco, ma poi? Quante persone sono nel mio cuore e per quante prego, ci provo, se almeno dire prego per lui/lei vale allora prego, ma sono amici? Non lo so, non so più nulla. L’amicizia la so sulla carta: ho studiato, ho visto, ho letto. So di Eurialo e Niso, di Frodo e Sam, di Ale e Franz. Ma la vivo? Poi mi dico: guarda queste ultime settimane: quanta gente hai visto che t’arriva da lontano? Anche il manipolo di compagni della scuola media, correva il 1972 dico. Se trovare piacere a vedervi ancora qualche cosa ci sarà, non solo banalità da bar! C’è però che per chiamargli amici devo dire loro le cose del Padre Nostro, accompagnarli alla verità. E questo c’ho parua a farlo, confesserò e non negherò, c’ho proprio paura: rispetto umano? O solo codardia? Da dove si ricomincia per scoprire l’amicizia? Chi lo sa parli, perché a tacere per sempre c’è tempo. Nota: domattina all’alba, poco dopo, parto per un viaggio di lavoro e non insieme a mia moglie, prima tappa Boston, poi altri fusi e altre terre. Non so se riuscirò a ripassare di qui prima del 9 agosto. Nel caso l’11 è il mio 54 compleanno, aspettatemi e ricordatevi… ;-)

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