Blog / Lettere | 14 Giugno 2014

Le Lettere di Paolo Pugni – Razionalità vò cercando ch’è si cara…

Ci vado pesante, perché mi sono stufato di conversazioni costruite sull’impossibile.
Giusto dialogare, bellissimo il post che don Mauro ha dedicato al tema, illuminante, da leggere e meditare e imparare a memoria (lo trovate sulla conversazione “Il nostro blog” 13 giugno 2014 ore 18:40).
C’ho persino scritto un posto, accidenti, su questa cosa qui, sul blog di Costanza Miriano. E vuoi che non lo pubblicizzi? ma mi sono incastrato da solo.
Sì perché per dialogare bisogna iniziare a capirsi, o per lo meno usare il medesimo linguaggio, che sta scritto lì, proprio lì, dentro. Dià Lògos. Logos. Ragione. Logica. Sillogismo.
Invece oggi pare sia impossibile. Oggi ragion l’è morta (e un bel giorno rinascerà?) (Vedi Fefral che cito anche De Gregori e non solo Tolkien! ;-)
Prendi ad esempio due casi conclamati di questa settimana, quelle famose notizie da cui partire, eccole qua che te le sparo:
–       la consulta stabilisce che tutti hanno il diritto di avere figli
–       Findus si getta fuori e sfrutta la coppia gay per farsi pubblicità (fosse una novità, ormai l’hanno fatto quasi tutti, anche Camparisoda ma di questo non se è accorto quasi nessuno!).
Provi a ragionarci sopra in rete e ti arrivano le mazzate, non argomentate, così sparate alla cieca, di pancia piena. Che tu magari te lo sogni uno di quei dibattiti che leggi a scuola quando studi filosofia, i battibecchi filosofici tra francescani e domenicani sulla Trinità, i dialoghi di Platone, il batti e ribatti tomista.
No, qui sembra la battaglia dei cuscini, chi vomita di più.
Così senza rendersi conto di quello che si dice: ad esempio a proposito dello spot sulla cena cotta al micro-onde che la suocera approverebbe con un sorriso (ma dove? Neanche nel mondo del Mulino Bianco!) arriva qualcuno che spara ad alzo zero: “O si accetta la realtà o non la si accetta. Si può scegliere di non accettare l’evidenza, ma sempre fatto è. Se una cosa esiste in natura non si può dire che sia contro-natura”.
Wait a minute, fermati un attimo: stai forse dicendo che basta che una cosa esista perché sia buona? No perché se è questo che dici allora anche, nell’ordine di nefandezza, la pedofilia, lo stupro, la violenza sulle donne, gli omicidi, la mafia, la corruzione, la mantide che magia il maschio, l’animale carnivoro e molte altri crimini sono realtà, nel senso che accadono. Ciò detto il fatto di essere evidenza non le rende giuste o buone, le rende solo presenti. Non credo che il solo fatto di essere determini ciò che è bene e ciò che è male, né lo può fare la statistica o la volontà dell’uomo.
Perché se fosse così, se fosse l’uomo a determinare bene e male, se Dio non c’è tutto è lecito (vedi che stavolta cito Dostoevskij?).
Però questo lo si capisce solo se si inizia a ragionare, se si instaura un dia-logo che comprende ascolto e soprattutto domande, la forma del periodo (e del pensiero) più dimenticata nei dibattiti in rete. Siamo nell’epoca del punto esclamativo, mentre la società e la cultura crescono con i punti di domanda. (questa è bella me la twitto subito). E se hai il coraggio di spingere il ragionamento fino alla fine.
E qui prendiamo il diritto ad avere figli: diritto, quando si esercita? In che modo? Ho diritto ad un bene, a qualche cosa che è bene per me, non bene in sé. Diritto di opinione, di mobilità, di essere trattato con rispetto, di obiezione, di professare la religione, di voto, di lavorare  (davvero? È un diritto? Ma dai!). Che cosa ne consegue? Che il figlio diventa un bene per me, non in sé. Quindi stiamo affermando che la persona può essere bene per altro a prescindere da quello che gli è dovuto. Diventa oggetto. Oggetto di un diritto. A quando la schiavitù? Oppure affermiamo, ancora più subdolamente che poiché l’oggetto di un diritto non può essere una persona, allora il figlio non è persona.
Fino a quando?
Ma per far questo bisogna applicare le categorie della logica.

E oggi, scrivo nel post da Costanza,   “Oggi non si può più. Oggi si sente. Non puoi spiegare. Non ti seguono. Anche perché non c’hanno più le categorie, come si diceva a scuola nella lezione di filosofia. E il tempo. Reggono al massimo un trailer, un videoclip, 2 minuti, 140 caratteri. Mica una riflessione, che prende tempo….. Se vuoi condividere la gioia della verità, devi curare le ferite, partire dall’emotività, dal linguaggio che capisce il mondo oggi. Altrimenti sei come un bronzo che rimbomba, un cembalo che tintinna.”.
E mi son fregato da solo.
Allora come ne usciamo?
Chi mi aiuta?

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