
Le Lettere di Paolo Pugni – La faccia in trasparenza
Pensavo di scrivere di me, di come m’intristisce un certo trattamento subito in rete, di come questo dipenda da… ma per fortuna il Signore è venuto a prendermi per le orecchie e a sbattermi nella giusta direzione.
Che prima di iniziare a mettere giù su word la mia riflessione, ch’avrei cominciato con “faccio fatica” o con “ci sono rimasto male” (magari la prossima volta, più digerito e sereno) m’ha spedito a metterci la faccia per Lui.
Gli è che ormai da diversi anni da noi i sacerdoti non ce la fanno più a fare il giro con le benedizioni di Natale. Se già prima la nostra parrocchia era enorme, la più grande di Milano, adesso con la comunità pastorale è pure peggio. Che siccome mancano sacerdoti, adesso si gioca a zona: noi abbiamo il 4-1-4-1. 4 parrocchie, un parroco, 4 coadiutori, 1 sacerdote ospite.
Così si mandano i laici a portare un segno per il Natale: un cero bendetto, un libricino di preghiere, un saluto, un Padre Nostro, una stretta di mano, un augurio.
La nostra famiglia si offre da alcuni anni, Franca in prima fila, noi le ruotiamo attorno. Come due signore della nostra scala. Quest’anno ha messo sul piatto 8 sere. Praticamente tutto il nostro comprensorio e 6 scale di due palazzoni vicini.
In media si parla di una quarantina di famiglie per volta, dalle 18.00 alle 20.00 circa.
Beh qualcuno non lo trovi, qualcuno non ti apre, poi ci sono gli altri.
Entri, ti fermi, spalanchi in pochi secondi la loro vita: c’è la signora –novantenne, nubile- che piange perché sua madre è in ospedale; l’altra che è rimasta da poco vedova; quella che ha bruciato la vita e che dice: vorrei ricominciare ad andare in Chiesa, amo tanto Gesù, ma faccio fatica. Quella che ha voglia di chiacchierare, quella che ti apre la badante perché non sta più in piedi, quella che ti racconta dei figli che sono in giro per il mondo; quello che ti accoglie in pigiama e si vergogna; quella che ti bacia e resti lì un quarto d’ora perché finalmente ha incontrato qualcuno; quelli che dicono il Padre Nostro e non spengono la tv; quella che ti chiede: ma questa volta non benedite? E le spieghi che non c’hai il titolo giusto per farlo; quello che ti tiene sulla porta e quello che ti inviterebbe a cena.
E quello che da tutto questo ne esce come abbracciato da Dio, cioè l’umile portatore di ceri che sta con la moglie a visitare questa gente e si augura di averci messo una faccia bella, che faccia venire voglia di guardare in trasparenza e vederci dietro Dio.
Che ti intenerisce tutto dentro questo irrompere con un tweet nella vita altrui e scoprirne il backstage, che sta nella confusione incredibile del tavolo della sala, nello sporco in cucina, nel quadretto della natività circondato da santini, nel corridoio buio, nell’altarino con le foto dei morti.
Come fai a non amarla questa gente qui e a non chiedere a don Mauro di pregare per loro?

Paolo Pugni
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