Blog / Scritti segnalati dal blog | 07 Novembre 2013

Una clarissa di Assisisi (San Quirico) “Giusto fra le nazioni”

Chi ha visto Schindler’s List, se lo ricorderà: Oscar Schindler aveva salvato più di mille ebrei facendo della sua fabbrica un ghetto al contrario e per questo era stato nominato “giusto fra le nazioni” (gli ebrei mettono sulle tombe le pietre come noi mettiamo i fiori). Come Oscar Schindler anche madre Giuseppina Biviglia (1897-1991), Abbadessa del Monastero S. Quirico ad Assisi, è stata proclamata “Giusto fra le nazioni”. Ne dà notizia il n° 123 della Lettera Circolare della Federazione umbra delle clarisse.

Ecco di seguito il testo con cui le sorelle danno notizia del fatto nella loro “Lettera circolare”:  <<Con gioia condividiamo con voi la notizia che il museo dell’Olocausto di Gerusalemme – Yad Vashem ha conferito a m. M. Giuseppina Biviglia, abbadessa della nostra comunità durante la seconda guerra mondiale, l’importante riconoscimento di “Giusto fra le nazioni” per aver salvato numerosi ebrei anche a rischio della sua vita. La cerimonia di consegna avverrà nei prossimi mesi probabilmente presso il Museo della Memoria di Assisi.>>

A conclusione del secondo triennio del suo servizio di abbadessa lasciò nel libro delle memorie del monastero i suoi ricordi del periodo bellico. Questa paginetta è il motivo che mi ha spinto a fare il post del blog:

 “…Mentre fino dal settembre 1943 s’intensificava l’offesa aerea anglo-americana sull’Italia con somma sorpresa di tutti, mentre in patria rincrudivano persecuzioni politiche, vendette personali e ordini odiosi venivano spiccati contro Ebrei e soldati ligi allo spirito dell’armistizio, i nostri Istituti divenivano luogo di rifugio agli sbandati, ai perseguitati politici, ai fuggitivi, agli Ebrei, agli evasi dai campi di concentramento. Ne ebbe la sua parte il nostro Monastero. Superfluo dire che incapaci noi stesse di capire quanto avveniva in tanta confusione, si obbediva solo a un sentimento che sorgeva spontaneo di volta in volta che si presentavano dei disgraziati: davanti al dolore di ciascuno avrebbe taciuto ogni velleità di giudizio, anche se avessimo saputo darne uno: la pietà avrebbe in ogni caso trionfato come trionfò. E trionfò per amor di Dio e del prossimo: il Primo dava l’impulso ad aiutare il debole; il secondo quasi sempre innocente viveva in quei giorni sotto l’incubo degli arresti, dei campi di concentramento, della fucilazione e peggio! Devo dire tuttavia che qualche volta opposi un po’ di resistenza all’accettazione di queste persone sentendo tutta la responsabilità della mia posizione di fronte alla Comunità e temendone per questa qualche conseguenza: ma in quei momenti fui sempre incoraggiata dal nostro Venerato Superiore, da altri Sacerdoti e dalle mie stesse Consorelle ad agire in favore di quei poveretti.

Le persone che si rifugiavano da noi furono, per grazia di Dio, nei nostri riguardi tutte oneste, rette, buone, e anche religiose, tanto i cattolici quanto gli Ebrei. Venne qualche fascista durante il Governo Badoglio e dopo l’entrata degli Americani; qualche socialista in certi momenti di pericolo durante la Repubblica Sociale. Subito dopo l’8 settembre avemmo ufficiali e soldati del R. Esercito ligi al giuramento costituzionale, e poco più tardi un folto numero di Ebrei (era proprio un’arca di Noè).”