
La buona domenica di don Giulio – Chiudere un occhio, anzi due
Letture della 30ma domenica del Tempo Ordinario C – 27 ottobre 2013
Un famoso teologo, Leonardo Boff, racconta di un dialogo con sua madre su Dio. Lui grande studioso tentava di spiegare a lei quasi analfabeta chi fosse Dio. Lei però lo guardò e disse: “Ma senti un po’ Leonardo, tu che sai tutte queste cose su Dio, perché sei sempre così triste se conosci Dio?”. Lui commenta: “Mia madre che non aveva mai letto libri, ma che sapeva sorridere e che aveva il cuore pieno d’amore,conosceva Dio molto più di me”.
Due modi di guardare Dio.
Penso sia questa la giusta angolatura da cui sbirciare nel tempio per osservare il pubblicano e il fariseo: due uomini che si mettono davanti a Dio. Entrano in modo diverso e escono in modo diverso. Una preghiera giunge a Dio, l’altra non va oltre il soffitto.
A noi viene facile e immediato accusare la vanità del fariseo, ma se guardiamo bene a quello che lui oggettivamente fa dovremmo arrossire tutti di vergogna perché ci batte tutti. Leggiamo la Bibbia con assiduità come lui? Digiuniamo? Diamo una parte del nostro stipendio ai poveri come lui? Tutto questo lui lo faceva e con assiduità. Noi no.
Eppure in questo quadro esemplare c’è un corto circuito, che è poi la differenza fondamentale tra i due: il fariseo è l’uomo religioso, il pubblicano è l’uomo di fede.
Il fariseo ha molte virtù e pochi peccati. È un uomo di chiesa. Dal piedistallo del suo essere per bene giudica a buon diritto le mancanze degli altri, arroccato nel suo sentirsi giusto. Prega “tra sé”. Protagonista è la parola “io”. Tutto ruota qui: egli coinvolge Dio ma nella contemplazione di se stesso.
Il pubblicano ha tanti peccati, sa di essere fragile e debole. Non ha proprio nulla di cui vantarsi. Si sente indegno. Sceglie un angolo nascosto perché si vergogna di sé, ma dal buio dell’errore si rivolge a un “tu”. Si fa interpellare.
Noi guardiamo l’apparenza. Dio guarda la realtà dal di dentro. Stiamo bene attenti a come guardiamo alla vita e agli altri. “Per mantenere un amico bisogna chiudere un occhio, per amare bisogna chiuderli tutti e due”, dice un proverbio. C’è qualcuno che chiude un occhio soltanto per mirare meglio. Le cose più dense della vita si fanno ad occhi chiusi. Un bambino nell’abbraccio della mamma chiude gli occhi. L’estasi si vive solo a occhi chiusi. Così il bacio dell’amore. I sogni arrivano a colorare la vita quando hai gli occhi chiusi. Quando ti trovi a assaporare o centellinare qualcosa di speciale un gusto, una musica, un profumo d’istinto chiudi gli occhi.
“Occhi chiusi” non per non vedere, non per far finta di niente, non per ignorare, ma per comprendere in modo diverso: per scavalcare l’apparenza della prima impressione che si vede, per scavalcare le presunzioni costruite su mezze verità, per scavalcare ciò che gli altri ti vogliono far vedere.
Dio guarda la realtà così, a occhi chiusi, proprio per gustarla. Fanno così anche i morti, che in questi giorni ricordiamo. I morti hanno gli occhi chiusi, hanno scavalcato la vita. Sono “al di là”, dove si vede “oltre” e dove si vede “altro”. Non sono più accanto a noi, ma sono dentro di noi e ci insegnano perciò a guardare le cose dall’interno. Fortissimo il salmo 2: “Se ne ride chi abita i cieli”.
Impariamo da chi vive in Dio, cioè dai Santi e dai morti, a vedere l’al di là, a guardare “oltre”, a comprendere “altro”. Chiediamo di fissare i loro occhi chiusi ma pieni di luce nei nostri bui pieni di invidia, di rabbia, di giudizi o di lacrime. Chiediamo di insegnarci a chiudere un occhio, anzi tutti e due. Chiediamogli di farci conoscere Dio per imparare a guardare ad occhi chiusi come fa lui. Così fa l’amore, così fanno i santi.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
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