Blog / Lettere | 29 Agosto 2013

Andrea Piccolo – Lettera aperta a Magdi Allam

Caro fratello Magdi Cristiano, ricordo come fosse oggi l’annuncio della tua intenzione di abbracciare la fede cristiana, ascoltato alla radio, e la bella testimonianza del tuo battesimo.

Mi piacerebbe scambiare qualche riflessione con te sulla fede che ci accomuna. Spero non considererai presunzione i motivi che mi spingono a scriverti, e mi auguro che tu non voglia interpretare questa mia lettera come una iniziativa di correzione fraterna, che presupporrebbe l’idea di una colpa. Soprattutto non ho intenzione di insegnare nulla, non dispongo di una verità che ancora non conosci.

Vorrei solo raccontarti la mia esperienza e le riflessioni che ho fatto leggendoti. Dopotutto i cristiani a volte si raccontano cose che in qualche modo già sanno per edificarsi a vicenda, sperimentando ogni volta che la Verità immutabile si fa vicina all’uomo in modi sempre nuovi.

Ho visto nei tuoi ultimi articoli una grande preoccupazione per il relativismo religioso, di fatto un allarme per alcune dichiarazioni di Papa Francesco che sembrano scuotere alcuni punti saldi della cristianità e del suo impianto teologico. Condivido i timori, in questa epoca di “pensiero debole”, per la sciagura di una religiosità che annulla le identità specifiche in nome di un’accoglienza dell’altro, ma i discorsi del Papa non mi hanno messo in agitazione, così provo a dirti cosa ho capito io delle sue parole e, in definitiva, di lui.

La prima cosa che mi ha colpito di questo Papa è che sembra uno di casa. Saluta cordialmente, augura buongiorno, buon pranzo e buon riposo informando il protocollo dei ritmi umani, e appena concluso un evento oneroso come la Giornata Mondiale della Gioventù, si concede “in pasto” ai giornalisti per un’ora e mezza anziché andare a riposare. Senza tralasciare il fatto che paga il conto di tasca sua, non dorme nella turris eburnea, porta da sé la valigetta personale e declina gli inviti a serate di gala dove è l’ospite d’onore! Hanno anche pubblicato una foto che lo ritrae in un momento ufficiale mentre butta l’occhio all’orologio da polso, la didascalia recitava qualcosa del tipo: “Un gesto umano del Papa”.

Sempre in tema di orologi, l’altra cosa che ho notato subito è l’insolita brevità dei suoi discorsi. Non che io cronometri la durata delle omelie del Papa, ma anche leggendole si vede che raramente vanno oltre una o due pagine di testo. Va subito al sodo questo Papa, deve dire qualcosa e lo fa senza tante premesse, senza fronzoli, arriva dritto al cuore del messaggio e si ferma lì. Già, si ferma lì. Siamo abituati ad oratori che fanno una affermazione, poi la ripetono con altre parole, la spiegano, aggiungono importanti precisazioni, quindi fugano i dubbi su possibili malintesi. Con Papa Francesco invece non rischi di annoiarti e non esiste il problema di seguire il filo del discorso.

Infine, si tratta del primo Papa Gesuita. Un Gesuita mi consolidò nella fede che mi era stata trasmessa da bambino, facendomi trovare risposta ai dilemmi dell’adolescenza. Io ho sempre tifato per i Gesuiti quando c’è stato da eleggere un papa. Potrebbe sembrare che questo riguardi me più che il Papa; forse no.

Cosa ho dunque capito di questo Papa ?

E’ pastore. E sa farlo bene al punto di saperlo insegnare: “un pastore prende l’odore delle pecore”. Nella folla vede le persone, di più, le incontra, le accoglie nel cuore. Il 5 giugno scorso ero all’udienza del mercoledì in piazza S. Pietro, vedendolo passare tra la gente, soprattutto senza una regia televisiva che modifica continuamente il punto di vista, ti accorgi che cerca l’incontro con chi lo saluta, la mamma che gli porge il bambino, il malato che non chiede nulla e il fedele che afferrandogli la mano vorrebbe trattenerlo per portarselo via, e capisci cosa vuol dire Pastore perché ti accorgi che incredibilmente e senza ombra di dubbio Papa Francesco ha a cuore esattamente la persona che gli sta davanti ed è li per lui. Io ero seduto verso la fine del percorso e quando arrivò vicino a me, con gesto naturale e per nulla dissimulato, sollevando la manica guardò l’orologio al polso, e ho capito quel gesto umano, non di debolezza o distrazione, ma di uguale attenzione all’uomo che ha davanti e ai cinquantamila che aspettano in piazza. E ho capito come ha fatto questo Papa a diventare così rapidamente il mio Papa.

E’ Gesù. I suoi discorsi sono annunci secchi e diretti come parabole, che non spiega, e chi ascolta è invitato a prendere una posizione. All’udienza del 5 giugno (cito da quella cui ho partecipato, ma potrei pescare a caso) ha detto:

“Se una notte d’inverno qui in piazza Ottaviano, per esempio, muore una persona, quella non è notizia; se in tante parti del mondo ci sono bambini che non hanno da mangiare quella non è notizia, sembra normale […] ma se si abbassano dieci punti delle borse è una tragedia.

Ogni volta che parla è così, sembra fare affermazioni che in realtà sono domande poste individualmente: Il denaro è a tuo servizio o è il tuo idolo? Dove vivi la tragedia e per chi fai lutto? E se di notte nel rigido inverno della metropoli un uomo muore per strada, è davvero una persona o non soltanto un “barbone”?

Ricorda talmente Gesù nel modo di parlare, che fanno delle sue parole come avviene del Vangelo: chi lo ascolta invece di chiedersi “cosa dice a me?” trova mille spunti per fare la morale a questo o a quello. Dal giorno del suo primo discorso si sono moltiplicati gli zelanti che si sentono in dovere di aggiungere quel che manca alle parole del Papa, al punto che dopo il suo viaggio apostolico a Lampedusa Riccardo Cascioli ha scritto un articolo intitolato “Dio salvi il Papa dai suoi interpreti” (http://www.lanuovabq.it/it/articoli-salvate-il-papadai-suoi-interpreti-6844.htm). Dopo il primo entusiasmo corale per un Papa così alla mano, non mancano critiche contraddittorie che, ancora una volta, lo fanno simile a Gesù: indemoniato se digiunava e intemperante mangione se accettava un invito a pranzo.

E’ un Gesuita. Questo significa familiarità con lo studio, l’insegnamento e la dottrina, infatti le sue parole semplici non sono mai banali. Ma forse significa di più: i Gesuiti dopo due secoli di storia videro il loro ordine sciolto, e per quarant’anni scomparvero. Forse con questa eredità nel suo bagaglio Papa Francesco ha una vista privilegiata sugli intrecci tra politica, economia, religione e fede. Forse lo Spirito Santo lo ha scelto perché nessuno meglio di lui avrebbe saputo trovare parole che possano aiutare i musulmani ad aprire gli occhi sulla sostanziale differenza tra fede e potere temporale perché, forse, nessuno come lui sente il dramma di questa contrapposizione tra Islam e Cristianesimo, che nei piani dei fondamentalisti dovrebbe risolversi spazzando via l’Occidente Cristiano.

“I nostri fratelli Musulmani” più che un parallelo con il saluto del Papa ai nostri fratelli Ebrei, mi ha ricordato quando Giovanni Paolo II, in piena guerra fredda, consacrò la Russia comunista alla Beata Vergine Maria, e non penso che fosse una apertura all’ateismo di stato o miopia sui martiri dietro cortina. Non sarà una crociata a salvare il nostro occidente malato, non sarà un’anatema.

Fratello Magdi Cristiano, io non so quale parte del tuo cuore abbia davvero condiviso la dichiarazione di voler uscire dalla Chiesa pur facendo salva la fede in Cristo, e non è cosa che mi riguardi.

So però che tante persone nella storia si sono allontanate dalla Chiesa, e là dove si è trattato di persone sinceramente credenti e spirituali, queste non hanno potuto fare a meno di costruire una chiesa a loro misura, che oggi, a distanza di anni o secoli, ha una sua tradizione, una sua teologia e ministri che dialogano con Santa Romana Chiesa, e con essa pregano l’unico Dio Padre. Perché nel momento in cui l’uomo ripete la Parola del Verbo eterno rivelata nelle Scritture, suona parola umana, con le ambiguità, approssimazioni e imprecisioni del linguaggio umano. Ma la Chiesa, che ha ricevuto la Parola pronunciata dalla bocca di Gesù assieme all’incarico di farla arrivare fino a me, è la promessa di Dio che l’esperienza che lui mi dona di fare non è illusione della mia immaginazione.

La Chiesa di Cristo è il mistero della sposa santa e meretrice. E madre. Per questo, fratello, il Padre ha lasciato aperta una porta per accoglierci nella Chiesa. I santi intercedano perché ci si possa abbracciare oltre quella soglia.

“Quando, in un momento simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole”

G.K.Chesterton – Eretici (1905)

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