Articoli / Blog | 13 Febbraio 2013

Non fare il digiuno da internet

Alcuni miei colleghi sacerdoti – avranno le loro ragioni… – quando parlano dell’astinenza dalle carni e del digiuno ecclesiastico, aggiungono anche l’astinenza da internet. Ho sentore che qualcuno degli amici del forum si senta coinvolto da tale estensione e decida di non partecipare ai nostri dialoghi fino a dopo Pasqua. Se è così, per favore cambiate idea! Attualmente i fedeli cattolici dei vari riti latini sono tenuti al digiuno ecclesiastico e all’astinenza dalla carne due volte l’anno, il Mercoledì delle Ceneri (per il rito ambrosiano il primo venerdì diQuaresima) e il Venerdì Santo. Sono tenuti alla sola astinenza dalle carni in tutti e singoli i venerdì dell’anno, purché non coincidano con un giorno annoverato tra le solennità dal calendario liturgico della Chiesa cattolica. L’obbligo del digiuno inizia a 18 anni compiuti e termina a 60 anni incominciati; quello dell’astinenza inizia a 14 anni compiuti. La legge del digiuno obbliga a fare un solo pasto durante la giornata, ma non proibisce di fare una seconda refezione leggera. L’acqua e le medicine sia solide sia liquide si possono assumere liberamente. La legge dell’astinenza dalle carni non proibisce di consumare pesce, uova e latticini, ma proibisce di consumare, oltre alla carne, cibi e bevande che ad un prudente giudizio sono da considerarsi come particolarmente ricercati o costosi. La Chiesa chiede di attenersi a questo: internet non c’entra. Ciascuno poi è libero di fare come vuole: tenete presente però che il blog, e in esso il forum, stanno facendo un sacco di bene a molta gente.

Vorrei però che mettessimo la nostra attenzione su “misericordia voglio e non sacrificio”. Il cristianesimo è amore, che significa dare la vita agli altri perché questo è quello che ha fatto Gesù con noi. O meglio questo è quello che Gesù continua a fare vivendo dentro di noi. “Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati” (Gv 15,12). Pertanto tutto va ricondotto a questa prospettiva. La domanda diventa? Come si può leggere “in prospettiva di amore” il digiuno? Nel modo più semplice. Basta pensare a quanto avveniva un tempo quando c’era scarsità di cibo. Dare a te significava che io rimanevo senza. E’ la prospettiva in cui si mette la vedova che sfama Elia nel capitolo 17 del primo libro dei Re: “la mangeremo e poi moriremo”. Significativamente in quel capitolo c’è la moltiplicazione del pane e dell’olio (che rimanda all’eucarestia) e la resurrezione della figlia della vedova (che rimanda a Pasqua). Ricordiamoci sempre che è Gesù a dare la vita per noi e non noi a dare la vita per lui. Quest’ultima è esattamente la tentazione in cui cade Pietro, e quindi nessuna meraviglia che anche a noi vengano questi pensieri. “Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte»” (Gv 13,37-38). Rimando qui alla corretta nuova traduzione della Cei di Col 1,24. Prima era:”Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Adesso è: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la chiesa” (Col 1,24). Scelgo di far vivere Cristo in me e pertanto, poiché amare è dare la vita a gli altri, e poiché nella nostra situazione presente la vita è limitata, dare la mia vita limitata significa rimanerne senza. Cioè morire. Ma non scelgo di morire. Scelgo di dare la vita. Cioè di amare.

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25 risposte a “Non fare il digiuno da internet”

  1. Mauro Leonardi ha detto:

    Il digiuno ecclesiastico è la modalità di digiuno che tutti i fedeli appartenenti alla Chiesa cattolica devono praticare per penitenza in alcuni giorni (detti appunto penitenziali). Le norme di questo digiuno sono fissate dalla Costituzione Apostolica “Paenitemini” del Sommo Pontefice Paolo VI del 17 febbraio 1966, e dal Codice di Diritto Canonico (can. 1249 e seguenti), e sono ulteriormente determinate dalle Conferenze Episcopali.
    Attualmente i fedeli cattolici dei vari riti latini sono tenuti al digiuno ecclesiastico e all’astinenza dalla carne due volte l’anno, il Mercoledì delle Ceneri (per il rito ambrosiano il primo venerdì di Quaresima) e il Venerdì Santo.

    Sono tenuti alla sola astinenza dalle carni in tutti e singoli i venerdì dell’anno, purché non coincidano con un giorno annoverato tra le solennità dal calendario liturgico della Chiesa cattolica. L’obbligo del digiuno inizia a 18 anni compiuti[1] e termina a 60 anni incominciati; quello dell’astinenza inizia a 14 anni compiuti. Tuttavia, i fedeli sono dispensati dall’obbligo del digiuno e dell’astinenza in taluni casi (vedi oltre).
    La legge del digiuno obbliga a fare un solo pasto durante la giornata, ma non proibisce di fare una seconda refezione leggera. L’acqua e le medicine sia solide sia liquide si possono assumere liberamente.
    La legge dell’astinenza dalle carni non proibisce di consumare pesce, uova e latticini, ma proibisce di consumare, oltre alla carne, cibi e bevande che ad un prudente giudizio sono da considerarsi come particolarmente ricercati o costosi.
    I parroci possono, per giusta causa, dispensare i singoli fedeli o le famiglie dall’osservanza del digiuno e dell’astinenza, o commutarlo con altre opere pie.
    L’insieme di queste norme costituisce il 4° dei cinque precetti generali della Chiesa (“In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno”) che ha come fine di garantire ai fedeli il minimo necessario nell’impegno penitenziale (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 2041); tuttavia “per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo” (can. 1249 del Codice di Diritto Canonico), specialmente nel tempo penitenziale della Quaresima; i Vescovi italiani hanno suggerito, a tal proposito, nuove forme di penitenza accanto a quelle tradizionali, come l’astensione dal fumo e dalle bevande alcoliche, dalla ricerca di forme smodate di divertimento, dai comportamenti consumistici, il digiuno dalla televisione.
    Il canone 919 del Codice di Diritto canonico obbliga poi tutti i fedeli che vogliono ricevere l’Eucaristia ad astenersi “per lo spazio di almeno un’ora prima della sacra comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l’acqua e le medicine”.
    Per l’Italia, la CEI ha emanato nel 1994 la nota pastorale a carattere normativo “Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza”. I Vescovi riuniti nella CEI hanno concesso la facoltà ai singoli fedeli di commutare l’osservanza dell’astinenza in tutti i venerdì che non sono di Quaresima, con qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità, a discrezione del singolo fedele; hanno consigliato inoltre di osservare il digiuno e l’astinenza nel giorno di Sabato Santo, fino alla Veglia Pasquale; hanno infine stabilito che dall’osservanza dell’obbligo della legge del digiuno e dell’astinenza può scusare una ragione giusta, come ad esempio la salute.

  2. Lidia ha detto:

    Don Mauro…lasciamo libero ognuno da digiunare da quello che gli pare :)
    Io nel Triduo Pasquale non vorrei aprire Internet per quanto posso, anche se penso continuerò a magari scrivere sul blog. Sono sicura che il Signore sarà contento qualunque cosa io faccia: dipende perché lo faccio. Ma una cosa deve essere chiara: se digiuno da Internet è perché io VOGLIO digiunare da Internet e non perché DEVO o perché “è la Volontà di Dio” che io digiuni dal blog.
    Il blog fa bene a tanta gente, perciò direi che anzi è una bella cosa partecipare durante la Settimana Santa – se uno vuole. Magari è un sacrificio da offrire – invece di “godermi” il mio silenzio interiore, lo “sporco” con le chiacchere del blog, sapendo che faccio del bene, a me e ad altri. E le opere di carità vengono senza dubbio ben prima del digiuno.
    però, per favore, lasciamo fuori che “Dio non sarebbe per nulla contento se” alla valutazione di ognuno. Magari per qualcuno il Triduo è davvero un’occasione di ritiro interiore che decide di vivere in solitudine da Internet, senza scrupoli su il blog e non blog.
    Per altri può essere un’occasione di riflettere: io digiuno perché? Da che digiuno? O magari guardo il blog ma non leggo il corriere on-line… o magari per tre giorni non leggo il blog e prego per tutti i bloggers…
    Magari c’è qualcuno che a Pasqua sarà solo, e triste, e ci leggerà. In quest’ottica direi(per chi vuole): invece di digiunare scriviamo cose belle – che manifestino speranza. Che rendano partecipi coloro che sono triste della gioia della Resurrezione con noi.

  3. Mauro Leonardi ha detto:

    @Lidia
    Hai ragione, ho riletto il post e ho visto che il tono era fuori luogo per cui ho tolto la frase “Dio non sarebbe per nulla contento…”. Grazie!

  4. Mauro Leonardi ha detto:

    La mia reazione è stata motivata anche dal fraintendimento del sello della Penitenza. Nella Discussione sulla suora e Padre Aldo ho appena lasciato un lungo commento in proposito

  5. Dory ha detto:

    Il “digiuno dal blog”…Lo stavo facendo, ma non me l’ha detto un sacerdote. Mi sono affibbiata da sola la penitenza e….Non avevo capito. Di nuovo il mio terribile senso del dovere che mi inchioda alle mie croci invece di farmi sentire libera nel Suo Amore. Un amico mi ha fatto comprendere che il digiuno ha senso nel “fare spazio” a Lui per riceverLo…(parlava del digiuno eucaristico, ma secondo me è una spiegazione splendida che rende grandi tutti i vari “digiuni” che la Chiesa propone: nel sentire tale spiegazione io mi sono vergognata un pò perchè magari al ristorante ho detto mille volte no ad un bis di primo per “lasciare posto” al dolcetto, ma non avevo mai pensato a “fare posto” a Dio anche con il gesto del non mangiare…)Il problema è che io avevo deciso di digiunare dal blog per “fare spazio” al mio matrimonio e invece quello spazio si è riempito solo di vuoto, solitudine, rabbia, delusione verso me stessa e verso il mio coniuge. Ho sofferto tanto in questi giorni e soffro anche adesso: il mio digiuno non è servito a nulla, tranne che a farmi del male da sola…Digiunare ha senso solo se mantiene la nostra integrità ( il nostro essere più profondo) e solo se significa fare spazio ad una Presenza d’Amore…Non ha senso, invece, se significa un mero annullamento di noi stessi che provoca solo frustrazione e dolore. Se non riceviamo nulla, nulla possiamo donare. Non a caso Gesù dice “AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO” ( non di più, non di meno, ma “come”)…E allora ho capito che…Ho bisogno di voi, mai come ora…Che volete, perdonatemi, sono orgogliosa e per un pò, me ne sono stata in disparte a leccarmi le ferite, pensando come al solito che sacrificando me stessa e “scomparendo” avrei potuto risolvere i problemi…Un amico sacerdote m’ha fatto capire che la solitudine invece non risolverà nulla, nè un finto “martirio” che mi farà sentire solo più povera e arrabbiata…Ho ricevuto tanto da questo blog e non ha senso rinunciarvi anche perchè qui, quando scrivo, quando leggo…Mi riapproprio un pò di me stessa. E allora rieccomi qui. A leggere, a scrivere, a condividere con voi tutti voi il mio e vostro cuore, a sperare che qualche parola di questo blog possa essere d’aiuto alle vite di altri…Magari con tutto quello che ricevo qui e con l’aiuto del Signore…Forse potrò divenire una persona maggiormente pronta anche a donare. Soprattutto a donare nella mia vita di sposa. Ho fatto riferimento alla mia esperienza personale attuale, anche se con difficoltà, perchè penso che si possa ben inserire nella discussione più generale, che si sta conducendo sul “senso del dovere” e su un’idea malinetesa della “penitenza” che a volte schiaccia i nostri bisogni umani che “cacciati fuori dalla porta….prima o poi rientrano dalla finestra!!!” E vale per le suore di clausura (più di tutte, perchè non hanno vie d’uscita), per i sacerdoti, per i celibi, per gli sposi… Insomma proprio per tutti.
    Anche se sono stata via poco…Mi siete mancati! Tanto. Come dice Polifemo “Siete tutti belli”! Grazie…

  6. Lidia ha detto:

    Dory, certo, noi siamo qui :) Bello che tu sia tornata! Penso che quanto scrivi possa sicuramente aiutare altri.
    Anche io sono felice che il blog continui ad andare avanti, e spesso, in questi giorni mi siete stati di grande aiuto.
    Penso che questa discussione possa andare avanti sul tema della penitenza, che ne dice Don Mauro? Del giusto digiuno, da che, da cosa e perché.

  7. Tres ha detto:

    Ben tornata @Dory.

  8. Mauro Leonardi ha detto:

    … naturalmente “sello della Penitenza” è un errore ortografico. Volevo scrivere “senso della Penitenza”…

  9. MM. ha detto:

    Io non sto digiunando dal blog..ma sono da un pezzo a digiuno di TEMPO! Ho fame di tempo per leggere e scrivere qui!
    @Lidia..la penitenza? A me piace vederla come la preghiera del corpo!

  10. Anonymous ha detto:

    per alcune persone è più difficile digiunare dall’onnipresenza online che non dal cibo.
    La mania della rete, per quanto portatrice di molte cose belle, può divenire quasi …dipendenza. Ben venga allora il dirsi: “io posso stare senza” e dedicare magari più tempo alla preghiera.

    Sono passata di qui per caso ma ho voluto lasciarvi questo mio pensiero, perchè non sarà facile non accedere a Facebook per me in qsta settimana :D, e qsto mi convince che il fioretto è ben scelto, perchè stava diventando troppo “presente” nella mia gestione del tempo (pur usando il social network per cose belle!)

    buona settimana Santa a tutti!
    Cristina

  11. fefral ha detto:

    Io ci sono (per ora sto facendo il digiuno del sonno quind perdonatemi se a volte risulto pungente)

  12. Mauro Leonardi ha detto:

    @Lidia
    Su consiglio di Lidia pubblico anche qui un commento che avevo messo nella Discussione “La suora e Padre Aldo”
    ___
    @Ester – e mi scuso con chi non è interessato a una spiegazione tecnica come quella che sto per fare-.
    Purtroppo gran parte del problema è collegato con la traduzione di un versetto di san Paolo. Ecco di seguito la vecchia traduzione: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. Detto così sembra che al sacrificio di Cristo manchi qualcosa, e allora meno male che ci sono io che faccio astinenze e digiuni!
    Invece guarda che bella l’attuale traduzione della Cei: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la chiesa”. Prospettiva ribaltata! Poiché il vangelo viene osteggiato, chi lo predica, lo testimonia, lo vive, riceve sofferenze ma queste sofferenze, poiché Gesù vive nell’apostolo (sia esso Paolo o ciascuno di noi) sono sofferenze di Cristo non mie. “Completo nella mia carne” significa dunque semplicemente che Cristo vive più completamente dentro di me. Non perché io cerco le sofferenze, ma perché io cerco il vangelo, che altro non è se non vivere l’amore del mandatum novum. Le sofferenze sono delle conseguenze non volute e – fino a quando è possibile – sfuggite, della ricerca dell’amore.
    Grazie Ester!

  13. Polifemo ha detto:

    Scusa don Ma’ ma in sto blog ci sono gli scemi? Io sta settimana nun mangio pane, nun bevo vino, niente grappa, cognac, uiski. Fumo solo dopo, la sera. Faccio le scale a piedi eppoi che devo fa’? me spieghi? ma ‘sti preti me dici che fanno invece de miagolà tanto? Ma è chiaro che co ‘sto blog ie famo er culo ar cornuto. Mo’ faccio pure la penitenza de nun fallo? e che so scemo? Me viene en mente quello che dice: mo’ pe’ fa ‘n dispetto a mi moje sai che faccio? me tajo i cojoni!
    Ciao. Siete tutti belli.
    Soprattutto te Paola che tò sgamato che ce tieni a esse bella!

  14. Paola ha detto:

    :-)

  15. Paola ha detto:

    In questa Quaresima proporrei di digiunare dai nostri dubbi. Dal dubbio che questa vita vada avanti con le nostre energie energie, la nostra intelligenza, i nostri sforzi, l’aiuto degli altri. Dal dubbio che la malattia sia un’ingiustizia, l’insuccesso sia una punizione, il dolore sia da evitare. Vorrei, almeno per questa settimana santa, non dialogare con questi nostri dubbi. E fidarmi, almeno questa settimana, che, nonostante io non lo capisca affatto, sul calvario Gesù ha vinto il mondo, anche per me, nonostante i miei dubbi.

  16. Antonio ha detto:

    Ma a che servono i digiuni e le mortificazioni? Penso che il problema possa essere affrontato da due punti di vista.
    1. Una volta chiesero a Indro Montanelli: “Se lei avesse avuto un figlio, che cosa avrebbe desiderato per lui?”. Mi sorprese la sua risposta perchè da anni, sull’argomento, i pareri che ascoltavo erano unanimi: la “salute”, ciò che desidero per mio figlio è che goda di buona salute. Montanelli non rispose così … si ricordò della sua giovinezza, così piena di decisioni importanti da prendere, che conobbe l’illusione dell’ideologia, la guerra, il carcere. La vita lo aveva messo presto di fronte alle sue responsabilità. E rispose: “Vorrei per lui una vita al limite delle sue possibilità”. Secondo Montanelli le privazioni (che mancavano, secondo lui, nel mondo contemporaneo nel quale, spesso, la vita somiglia a un viaggio organizzato) spingono gli uomini ad esporare le loro reali possibilità. Non sono traversie, sono opportunità utili a prepararsi ad affrontare la realtà. Per fare una crocera in fondo basta pagare il biglietto. Per affrontare un viaggio avventuroso, pieno di sorprese, con destinazione ignota, bisogna prepararsi.
    2. Si è discusso in questo blog sull’atteggiamento che è conveniente tenere di fronte all’ingiustizia subita: il perdono. Ora se pensiamo che sia Dio che ha stabilito ciò che è giusto e ciò che non lo è, da ciò deriva che è Lui il “primo” destinatario di ogni ingiustizia ed è quindi Lui che ci deve perdonare (e Lui è d’accordo, cerca continuamente l’occasione per poterci perdonare: è, come si dice, misericordioso). Però l’ingiustizia produce un danno … e questo non può essere riparato dal perdono. “Può Dio perdonare un padre che getta il figlio nel Tevere?”. La risposta è: sì, se il pentimento è sincero. Tuttavia il bambino è morto e l’ingiustizia ha prodotto un danno che non si può più umanamente riparare. Che riparo si può dare ai danni prodotti dalle mille ingiustizie di questo mondo? Per dare una risposta a una domanda così complicata può essere utile riflettere su come normalmente reagiamo di fronte alle offese arrecate ad altri da una persona a cui vogliamo bene e che si mostri inconsapevole del danno che ha prodotto (o insensibile)… per esempio un nostro amico, il nostro coniuge, i nostri genitori, i nostri figli: abbiamo desiderio di riparare al posto suo, di prenderci sulle nostre spalle le sue colpe perché non si pensi male di lui … Facciamo “penitenza” al posto suo perchè vogliamo essere giusti (ciò vogliamo riparare il danno che noi vediamo e lui non vede) e vogliamo anche essere amici (cioè vogliamo che il torto subito non si traduca, nell’offeso, in un giudizio di condanna troppo duro su chi lo ha prodotto).
    I digiuni e le mortificazioni risolvono tutto? Non saprei, ma spesso è l’unica cosa che posso fare per riparare.

  17. Ester ha detto:

    Sembrerà non c’entrare nulla ma ieri, anniversario della morte di Giovanni Paolo II, mi sono messa a leggere una sua poesia e ve ne riporto un pezzetto perché alla fine io credo che il digiuno (che è esperienza di mancanza) si faccia per questo… e il blog è un bel modo di andare “incontro all’ uomo e ad ogni pensiero”.
    Da “Veglia pasquale 1966” (solo alcuni versi)
    “O Uomo in cui si incontrano dell’uomo
    Il fondo e il vertice
    In cui l’intimo non è pesantezza né tenebra
    Ma solamente cuore.
    Uomo a te sempre giungo seguendo
    Il magro fiume della storia
    Andando incontro ad ogni uomo
    Incontro ad ogni pensiero…
    Cerco per tutta la storia il tuo Corpo
    Cerco la tua profondità”
    (magari andava meglio scriverla nella sezione tracce di bellezza!) buona giornata!

  18. Ribelle ha detto:

    Io ad inizio Quaresima avevo letto questo brano sul digiuno,e ovviamente avevo scelto solo uno o due punti…(oltre ad alcune cose personali)…
    “Digiuna dal giudicare gli altri: scopri Cristo che vive in loro.
    Digiuna dal dire parole che feriscono: riempiti di frasi che risanano.
    Digiuna dall’essere scontento: riempiti di gratitudine.
    Digiuna dalle arrabbiature: riempiti di pazienza.
    Digiuna dal pessimismo: riempiti di speranza cristiana.
    Digiuna dalle preoccupazioni inutili: riempiti di fiducia in Dio.
    Digiuna dal lamentarti: riempiti di stima per quella meraviglia che è la vita.
    Digiuna dalle pressioni e insistenze: riempiti di una preghiera incessante.
    Digiuna dall’amarezza: riempiti di perdono.
    Digiuna dal dare importanza a te stesso: riempiti di compassione per gli altri.
    Digiuna dall’ansia per le tue cose: compromettiti nella diffusione del Regno.
    Digiuna dallo scoraggiamento: riempiti di entusiasmo nella fede.
    Digiuna da tutto ciò che ti separa da Gesù: riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina.”(Anonimo)
    Certamente con questo, non intendo togliere importanza al digiuno a tavola,e a tutte quelle piccole cose ,magari più precise e concrete chiamate appunto mortificazioni e che secondo me,anzi,hanno davvero tante valenze…e spesso il nostro volerle sottovalutare o ignorarle di fatto, nasce solo dall’accorgersi che è …difficile! ma appunto,avere buone motivazioni,aiuta molto,quando interviene il solito ragionamento-tentazione:ma in fondo…perchè dovrei farlo? proprio questa sciocchezza? a chi interessa? (e simili);comunque ,più che elementi razionali,serve avere un cuore molto innamorato(un pò come succede quando nasce un figlio e ti alzi di notte,ma non la chiami mortificazione!! anche se ti pesa…perchè poi un sorriso del piccolo cancella la fatica…)ma ci vuole un intervento lungo e per per oggi non ho tempo…

  19. Mauro Leonardi ha detto:

    @domenico
    Non il digiuno “normale” del venerdì non lo fa nessuno perché non lo sa nessuno… mi compiaccio che tu abbia letto così attentamente il post!

  20. Mauro Leonardi ha detto:

    @Ribelle
    … però nella Chiesa il digiuno è collegato con il corpo. Poi noi possiamo fare tutte le astrazioni che vogliamo. Il miglior digiuno è sempre quello che dona una vita migliore agli altri. Dal lasciare la Coca Cola a mio fratello – cui piace – e prendere io l’aranciata, ha lasciar parlare una persona fino a quando non ha finito senza interromperla e senza dare segni di nervosismo. Ti assicuro che a volte è veramente eroico. E riguarda proprio il corpo: udito!

  21. Patrizia Cecilia Giardi ha detto:

    La penitenza coinvolge la persona nella sua totalità di corpo e di spirito: l’uomo ha un corpo bisognoso di cibo e di riposo; si appropria e si nutre delle cose ma è anche capace di solidarietà e di condivisione. Digiuno e astinenza non sono forme di disprezzo del corpo, ma strumenti per rinvigorire lo spirito.
    E’ importante sottolineare che la prassi penitenziale della Chiesa, nelle sue varie forme, raggiunge il suo vertice nel sacramento della Penitenza e della Riconciliazione. Il cammino di conversione trova il suo significato nella salvezza donata in Cristo morto e risorto; quindi, è nell’inserimento nel mistero di Cristo pasquale, mediante la fede e i sacramenti, che tutti i gesti, grandi e piccoli, di penitenza e di digiuno e tutte le opere di carità acquistano significato e forza di salvezza.
    La Chiesa stabilisce alcuni tempi e giorni comuni in cui digiunare per evidenziare il carattere comunitario della penitenza: è quindi l’intera comunità ecclesiale ad essere comunità penitente.
    Questi tempi e giorni vengono scelti tra quelli che, nel corso dell’anno liturgico, sono più vicini al mistero pasquale di Cristo o vengono richiesti da particolari bisogni della comunità ecclesiale.
    Fin dai primi secoli il digiuno pasquale si osserva il Venerdì santo come segno della partecipazione comunitaria alla morte del Signore; così si inizia la Quaresima, tempo privilegiato per la penitenza in preparazione alla Pasqua, con il digiuno del Mercoledì delle Ceneri per invocare il perdono dei peccati e manifestare la volontà di conversione.
    Il problema del digiuno e dell’astinenza si collega con il problema della giustizia e della condivisione dei beni della terra: anche la singola persona è sollecitata ad assumere uno stile di vita improntato ad una maggiore sobrietà, capace di attivare gesti di carità e condivisione. Il grido dei poveri esige che i gesti religiosi del digiuno e dell’astinenza diventino il segno di un più ampio impegno di giustizia e di solidarietà: «Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non posso sentirlo! Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne» (Am 5,23-24). In questo senso il digiuno dei cristiani deve diventare un segno concreto di comunione con chi soffre la fame, e una forma di condivisione e di aiuto con chi si sforza di costruire una vita sociale più giusta e umana.
    «In senso lato, il digiuno è limitazione volontaria dei bisogni al fine di liberare il desiderio più profondo che ci abita, un desiderio che, in modo inscindibile, vuole celebrare Dio e servire il prossimo. Un simile cammino ha senso solo se legato al “digiuno spirituale”. Bisogna imparare a digiunare dall’amore per il potere e dalla vanagloria, a non alimentare il nostro amor proprio; a digiunare dai ragionamenti inutili e dalle parole vane, da ogni uso della lingua che faccia di quest’ultima strumento di potere o di profitto; dalla maldicenza, dalla parola di menzogna, che a volte è capace di uccidere.

    È poi necessario adattare il digiuno alle forme odierne della civiltà. Fin dai primi secoli del cristianesimo il digiuno trova la sua realizzazione nella condivisione. L’esperienza della fame, per quanto limitata, ci fa comprendere la fame degli uomini: che testimonianza potrebbe recare la Quaresima nei nostri Paesi occidentali, nei quali molti mangiano fin troppo (anche se alcuni non abbastanza)!

    Il problema si pone oggi su scala planetaria. Giovanni Crisostomo ricordava che “la bontà, la compassione, la misericordia e l’amore esprimono contemporaneamente sia la natura di Dio che il suo operare”, e che il povero è un altro Cristo. Possa un digiuno, condotto con intelligenza, liberare le nostre intelligenze dagli idoli dell’economia, per consentirci di far corrispondere una produzione oggi ciecamente dilata alle fami reali dell’umanità».
    [Olivier Clément, Le feste cristiane, Qiqajon, Monastero di Bose, Magnano (BI) 2000, pp. 33-38]

  22. Mauro Leonardi ha detto:

    Patrizia… bello ma troppo lungo!

  23. Mauro Leonardi ha detto:

    Il cristianesimo è amore, che significa dare la vita agli altri perché questo è quello che ha fatto Gesù con noi. O meglio questo è quello che Gesù continua a fare vivendo dentro di noi. “Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati” (Gv 15,12). Pertanto tutto va ricondotto a questa prospettiva.

    La domanda diventa? Come si può leggere “in prospettiva di amore” il digiuno? Nel modo più semplice. Basta pensare a quanto avveniva un tempo quando c’era scarsità di cibo. Dare a te significava che io rimanevo senza. E’ la prospettiva in cui si mette la vedova che sfama Elia nel capitolo 17 del primo libro dei Re: “la mangeremo e poi moriremo”. Significativamente in quel capitolo c’è la moltiplicazione del pane e dell’olio (che rimanda all’eucarestia) e la resurrezione della figlia della vedova (che rimanda a Pasqua).

    Ricordiamoci sempre che è Gesù a dare la vita per noi e non noi a dare la vita per lui. Quest’ultima è esattamente la tentazione in cui cade Pietro, e quindi nessuna meraviglia che anche a noi vengano questi pensieri. “Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte»” (Gv 13,37-38).

    Rimando qui alla corretta nuova traduzione della Cei di Col 1,24. Prima era:”Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Adesso è: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la chiesa” (Col 1,24).

    Scelgo di far vivere Cristo in me e pertanto, poiché amare è dare la vita a gli altri, e poiché nella nostra situazione presente la vita è limitata, dare la mia vita limitata significa rimanerne senza. Cioè morire.
    Ma non scelgo di morire. Scelgo di dare la vita.
    Cioè di amare.

  24. Lidia ha detto:

    Bello, don Mauro, io qui dal mio tavolo di dolore (niente tortura, solo la tesi ;) )volevo dire una cosa – riprendere un argomento che secondo me può essere interessante x future discussioni. Quello di Dio come “piano B”, scelta di ripiego se non si ha successo nel mondo , che c’entra anche un po’ con la croce e con il discorso del “dover” essere felici – come conciliare la gioia e la Croce. se pensa che può essere interessante articolo il pensiero un po’meglio!
    PS: se vuole sposto il commento alla sez.2!
    per ora, Buona Pasqua :)

  25. Mauro Leonardi ha detto:

    Grazie Lidia,
    Mi sembra molto buona l’idea. Mettila come dici tu nell’altra parte del blog…