Le Lettere di Bruno Mardegan – Basta crudeltà
Caro direttore, da qualche tempo, per dovere di carità cristiana intrattengo contattii epistolari con un carcerato, finito in prigione per un colpo di testa. Lo sprone mi è venuto da una delle opere di misericordia spirituale insegnate dal catechismo cattolico, quella della visita ai carcerati. Impossibilitato a eseguire la visita di persona, lo faccio con l’invio di qualche lettera di vicinanza spirituale e di incoraggiamento. A una mia domanda se in carcere gli affidano un lavoro che gli restituisca un minimo di dignità, l’amico detenuto mi ha risposto che quando si è detto disponibile a fare un lavoro si è sentito rispondere in modo offensivo. L’amico è stato insegnante di scuola media. Perciò si era offerto di insegnare anche in carcere, dove risiedono tanti immigati e anche numerosi analfabeti italiani, ai quali l’insegnamento della nostra lingua potrebbe essere di grande giovamento. Li aiuterebbe a trascorrere un pò di tempo nella lettura di buoni libr , e li doterebbe di un bene prezioso, quello di sentirsi uomini come gli altri già ora e più ancora una volta scontata la pena e rientrati nella società. La disumana costrizione all’ignavia è stata bollata a fuoco dal magistrato Giuseppe Anzani in un articolo molto amaro e anche tanto eloquente. Alleggerire il superaffollamento delle carceri è un’esigenza sacrosanta, a cui si sta dedicando attivamente il ministro della Giustizia. Il problema richiede però per esere risolto un intervento al massimo livello. Occorre una lettera al parlamento del Capo dello Stato, vista la gravità della situazione. In attesa che la situazione si sblocchi , va rieducato per primo il personale carcerario , se vogliamo continuare a considerarci un paese veramente civile. L’articolo di Anzani era titolato significativamente “Basta crudeltà, per giustizia, non clemenza”, riferendosi al sovraffollamento e alla assenza di lavoro per i carcerati. Egli osservava che le nostre carceri sono più una pena, e una tortura, che un mezzo di rieducazione. Il dramma descritto dall’amico carcerato ne è una allarmante conferma.L’Istat ha calcolato che se i sessantacinquemila carcerati delle nostre prigionbi,svolgessero un lavoro, che li umanizzerebbe e li rieducherebbe, il PIL che ora è negativo, migliorerebbe dell’uno per cento.
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