Maria - robbiana
Blog / Racconti | 17 Ottobre 2012

Mauro Leonardi – Per colei che crede

La tua preghiera è stata esaudita, dice Gabriele a Zaccaria. Quale preghiera?, pensa Zaccaria. Un anziano può forse chiedere a Dio che la moglie anziana venga fecondata dal suo stanco seme? No che non può. Quelle erano speranze di gioventù. Questi angeli, pensa Zaccaria. Forse non sanno per bene come sono fatti gli uomini, il corpo degli uomini. L’anatomia degli uomini, la psicologia degli uomini, i sogni degli uomini. Situati nel tempo, collegati al tempo, alla stanchezza, alla vecchiaia. Quale preghiera?, pensa Zaccaria. E pensa a Sara sdentata dell’Antico Testamento, che sorride amara ai messaggeri celesti. E pensa ad Abramo, che per buona educazione cerca di non scoppiare a ridere di fronte ai medesimi. Ma come sono questi angeli?, pensa Zaccaria. Proprio non cambiano mai. Sono eviterni, immateriali, astrali. Sono fuori dallo spazio e dal tempo. Sono eviterni. Non cambiano mai. Questi angeli mancano dell’essere carnali. È per questo che il grande splendore di Gabriele mi riempie di tanta paura. Mi trovo al cospetto di una teoria visibile, spirituale e perfetta. La sua stessa bellezza mi toglie le forze. La sua tremenda bellezza porta a mille i palpiti del mio cuore e lo infarta. Mi spaventa di Gabriele quello che non conosce. Questi angeli non sanno che cosa sia avere un corpo, essere un corpo. Non sanno che cosa sia quella povera creatura che siamo noi uomini. Con un corpo che invecchia. Che da vecchio non può più quello che poteva da giovane. Che da giovane era fuoco e adesso è debolezza. Loro non conoscono il legame misterioso, creato, infinitamente misterioso, dell’anima e del corpo. È questa sua presenza astrale che mi riempie di stupore. Loro sanno che Dio non ha creato soltanto l’anima e che ha creato anche il corpo. Ma non conoscono il vincolo misterioso, il vincolo creato, l’attaccamento creato, il legame del corpo e dell’anima, di uno spirito e di una materia. Questo principe del cielo, questo profilo d’eternità, questo culmine di vetta, non capisce che cosa voglia dire essere una vecchia terra dove i passi affondano. Dove i passi si affaticano.

E perché non ti ricordi del sorriso di Sara?, dice Gabriele. Di come il raggio di sole ha attraversato il suo volto triste e Isacco ha causato a lei e al marito uno scoppio di risa colmo di lieta letizia? Ti farò per nove mesi il dono del silenzio, dice Gabriele. Ti affido il compito di essere l’uomo che ammutolisce davanti all’azione di Dio. Zaccaria, starai in stupefatto silenzio dinanzi al nostro Dio che opera sempre, e può agire perfino adesso. Per nove mesi hai la missione di rappresentare chi crede che, dopo la creazione, Dio si sia ritirato dal mondo. Che pensano che quel che è fatto è fatto e ormai le cose di tutti i giorni non hanno per Lui nessun interesse. Che la vita è affar nostro e ce la dobbiamo cavare da soli. Ecco che cosa rappresenterai con il tuo silenzio, mentre tuo figlio crescerà nel grembo di tua moglie, e ti darà quella fede che non hai. Vorrai dire dammi del pane, e non ci riuscirai. Passami il formaggio, e non ci riuscirai. Scusa, grazie, sono un po’ stanco, ma non ci riuscirai. Così per nove mesi, con il tuo silenzio, parlerai a chi non crede che Dio sia del tutto coinvolto nel nostro quotidiano pane e formaggio.

 

Tre mesi dopo Maria non si stupì affatto della presenza di un angelo, anzi fu l’angelo a stupirsi di lei. Maria vedeva il Creatore in tutte le creature, e vederlo negli occhi di un angelo le sembrava altrettanto sublime che vederlo in quelli di un uomo. Non la stupiva scorgere ovunque il Creatore.

Gabriele invece è un arcangelo eviterno abituato a guardare fisso l’eterno Dio, e sapeva bene tutta l’opaca caligine che avrebbe trovato arrivato in terra. Aveva ancora fresca una certa esperienza con Zaccaria. Proprio per questo si stupì. Molto. Non si aspettava di vedere il Creatore guardando una creatura. Di vedere una creatura tutta così piena di Creatore. Così stracolma, così piena di grazia, così kecharitomenê. Devo aver sbagliato strada, pensò Gabriele. Credevo d’esser sceso sulla terra, e guarda un po’ sono arrivato in cielo. Si guardava attorno nella stanza mentre Maria curava cose casalinghe impercettibili a un angelo, e pensava: guarda un po’, qui è tutto pieno di cielo. È tutto pieno degli spirituali sorrisi che si sorridono nei cieli, delle trepidanti parole che alitano su da noi nei cieli. Era molto stupito, Gabriele, di fronte a Maria. Molto più di quanto Zaccaria lo fosse stato di fronte a Gabriele. Stava quasi per dire «il Signore è qui», quando invece disse una cosa nuova. «Il Signore è con te», disse. Gabriele era stupefatto. Non aveva mai visto nulla di simile. Con nessuna creatura aveva mai visto Dio comportarsi in simile modo. Gabriele disse «il Signore è con te» e non lo aveva mai detto a nessuno. Una cosa così non l’aveva mai detta. Era una prima volta, una primizia. Di tutta la creazione, di tutte le creazioni. Mai vista una cosa simile, pensava Gabriele (e adesso era lui ad ammutolire).

Solo a quelle parole di Gabriele, Maria stupì. Non fu come per Zaccaria. Non fu per la presenza dell’angelo. Fu per quelle parole. Non aveva fatto nulla per meritarsi quella pienezza di grazia. Quel kecharitomenê non giungeva per lei al termine di lunghi sforzi ascetici, di preghiere estenuanti, di mete compiute. Era così. Era così. Glielo confermò Gabriele, e per questo ella si tranquillizzò. Tu hai trovato grazia presso Dio. Hai trovato una grazia che non hai cercato. Ti stupisci, Maria, perché non trovi lo sforzo che ti ha procurato questo esito. Ma questo non è un esito, è per questo che non c’è lo sforzo; non è il giusto risultato di una corretta pianificazione. È Dio che ti ha voluto, è Lui che ti ha cercato, è Lui che ti ha trovato.

È da allora, dice Gabriele, che iniziò la fede sulla terra. Oh, lo so quello che pensate vuoi uomini. Che prima di Maria c’era stato Abramo. Lo so bene, dice l’arcangelo. So che ci sono stati Abramo, Isacco, Giacobbe, Enoch, e un elenco sterminato di cui, se volessi parlare mi mancherebbe il tempo (Eb 11, 32). Ma quello che ho visto quel giorno non l’ho mai visto, e ogni fede soprannaturale successiva appartiene a quella fede, è parte di quella prima credente, perché quando Maria disse «avvenga di me quello che tu hai detto» (Lc 1, 38) non ha parlato all’indicativo. Fiat non è un indicativo. Non è «lo faccio», «lo farò». È si faccia in me.

Io sono una terra, dice Maria. Un campo, una zolla di terreno pronta per essere fecondata. Come Cristo entrando nel mondo dice «non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato» (Eb 10, 5), così io rispondo con le stesse parole. Per Te il mio corpo è stato preparato. Sono preparata alla verginità e sono preparata alla maternità. Sono preparata che si faccia in me quello che Tu vuoi e che io non conosco. Che non so e non starò qui a valutare. Non m’interessa contrattare con Te la mia donazione, la mia felicità. Non ho per nulla intenzione di dirti quello che puoi fare con me e quello che con me non puoi fare. Non c’è nulla che Tu non mi possa fare. Nulla che non mi possa chiedere. Sono la tua ancella e godo nell’indovinare i tuoi pensieri prima ancora che siano dentro di Te pensati. Mi piace, mio Dio, guardarti mentre dormi. Come una donna fa con il suo amore, con il suo bambino. Mi piace farti riposare e mi piace sapere che Tu riposi perché io sono il tuo pensiero felice, e sono l’inizio di tutti quei pensieri felici degli uomini redenti e corredenti. Mi piacciono i tuoi ordini perentori, ma mi piacciono ancor più i tuoi sogni da indovinare. Quelle cose che, mio Gesù, quando dormi al mio seno, attraversano il tuo Volto senza che Tu neppure sappia dar loro voce, dar loro nome. Si faccia, avvenga. Che sappia, mio Dio, declinare tutte le coniugazioni dell’amore passivo, dell’amore attento, dell’amore che riceve, della tenera attenzione. Di una disponibilità che attivamente si mette in moto, al percepire. Allo scorgere i tuoi pensieri che voglio svelati, che voglio incarnati, che voglio realizzati.

Simeone, un profeta, ha collegato Te, Verbo di Dio incarnato, con i pensieri degli uomini che vanno svelati, e con una spada che mi passerà e trapasserà l’anima per sette tagli di settanta volte sette (Lc 2, 34). E io voglio essere, mio Dio, quella che Tu vuoi, la nuova Arca della nuova Alleanza. Voglio essere l’anfora, il contenente di questo Dio che in me s’incarna con l’umano. Che tutti gli umani vengano con le loro spade, nel mio essere, nel mio grembo vergine e fecondo. Io a loro prometto di rinsaldarli nella fede e nella sicurezza. Starò con Te e con Giovanni, fino alla fine dei tempi. Io sono una credente e una viandante che cammina con gli uomini miei figli, prego con loro e credo insieme a loro.

Quando partii da lei, dice Gabriele, io non partii da lei (Lc 1, 38). È da allora che sono rimasto al balcone del mondo, a scrutare Dio attraverso questo straordinario belvedere: la fede degli uomini che ha la forma della fede di Maria.

Perché senza la fede, noi angeli questo non lo sperimentiamo, l’esistenza degli uomini è praticamente inconcepibile. «Praticamente» non significa che è pressappoco inconcepibile, cioè che è quasi inconcepibile o più o meno inconcepibile. No. Praticamente significa che in pratica senza fede non è possibile vivere. Il bambino nasce ed è affidato a papà e mamma per poter crescere e svilupparsi. Io li ho visti i bambini mentre si buttano liberamente nel grembo dei genitori, perché sanno che li accoglieranno e li proteggeranno. Non c’è niente di più bello sulla terra. Senza la fede gli uomini non possono muoversi liberamente, devono aver paura di tutto. E così fanno dei calcoli sbagliati. Siccome pensano che dietro l’angolo ci sia una paura, non svoltano. In questo modo si sentono risollevati, ma dopo poco pensano: non ho saputo affrontare quella cosa, ma che razza di persona sono. Non valgo nulla. Rinuncio, mi arrendo, sto immobile, ho l’inerzia della morte. Questo li stanca proprio da morire.

Invece per Maria ogni incertezza non è una minaccia ma un’opportunità d’amore. È in attesa di Gesù e va con fretta da Elisabetta. Non pensa ai disagi del viaggio. Quando le ho parlato della cugina, lei non aveva proprio l’aria di chi vuole limitare i danni. Il neonato se si allontana dalla mamma piange, perché il mondo gli è ostile. Mi sa tanto che Maria avrebbe pianto solo se si fosse allontanata dal Padre. È chiaramente Lui la sua figura di attaccamento. È la fede in Lui la sua metaregola di apprendimento. Per questo è così nella natura delle cose che, senza la fede, ogni cosa sia loro nemica e ostile. Per questo il contrario della fede è la paura, la sfiducia.

Io li vedo gli uomini che non credono negli altri uomini. Devono difendersi, proteggersi, vivere sempre nella paura e nella tensione di essere derubati, assaliti, uccisi.

Da quando c’è Maria il fondamento della vita degli uomini è una fede e una fiducia in Dio, che è anche una fede e una fiducia negli uomini che Dio mette al loro fianco. Nel grembo della Chiesa, che è il grembo di Maria, avviene un bello scambio tra Gesù e l’uomo. Loro credono in Lui e Lui crede in loro.

«La tua fede ti ha salvato» significa che mi hai fatto entrare nella tua vita per salvarti, per amarti.

Per gli uomini che mi piace guardare, che sono quelli che assomigliano a Maria, dice Dio, la fede è qualcosa che coinvolge tutta la vita. Addirittura, quando la loro preghiera in apparenza non viene esaudita, la loro fede si radica sempre più in profondità. È bello vedere come in quel momento certi uomini pregano per conquistarsi la loro fiducia in Me. Perché non ricevo risposte?, dicono. Perché Dio tace? Mio figlio aveva loro detto: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto (Mt 7, 7), ma nulla di tutto ciò sembra essere vero. L’apparente distanza tra la promessa di Gesù e ciò che sperimentano nella loro esistenza non li fa disperare, ma li spinge a pregare. È questo che mi piace. È semplice. Quelli che si abbandonano mi piacciono, dice Dio. E quelli che non si abbandonoano, non mi piacciono. Questa è la fede. I miei figli vogliono capire perché Dio dialoga con loro proprio così. Fanno due o tre passi. Di fronte al loro dolore le risposte angeliche non esistono. Esiste Maria. Come lei si è fatta modellare, così loro si fanno rimodellare. Quando il dolore penetra sotto la pelle fino al cuore, allora anche gli angeli come Gabriele si accorgono che le forze in gioco sono tutt’altro rispetto a quelle che loro conoscono.

Ed è allora che si stupiscono di fronte agli uomini. A quelli che assomigliano a Maria.

 

Da Mauro Leonardi, Mezz’ora di orazione, pp. 155-163

 

 

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