Blog / Lettere | 07 Gennaio 2014

Forum – Il senso della vita religiosa

Papa Francesco ha deciso che l’anno 2015 verrà dedicato dalla Chiesa ad approfondire il senso della vita religiosa. Per il blog Come Gesù questa riflessione verrà facilitata dal desiderio di una monaca di clausura di entrare in dialogo con noi proprio su questo argomento. Questa monaca di circa quarant’anni, che non è clarissa e non fa parte dei monasteri di cui qualche volta abbiamo parlato nei nostri post, ha scelto come nickname “Chionia”, una martire del terzo secolo che insieme alle sorelle Agàpe e Irene ha trovato la morte sotto Diocleziano per avere rifiutato di mangiare carni immolate agli idoli e aver portato in salvo, sui monti, le Sacre Scritture.
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Carissimo don Mauro,

non so se si ricorda di me, sono sr Chionia una monaca che le aveva scritto circa un anno e mezzo fa raccontandole in poche righe la situazione di disagio in cui mi trovavo: lei mi aveva messo in contatto con sr…. che mi aveva aiutata molto. (…) Ora mi trovo nel monastero NN. sempre dell’ordine XXX.
Le scrivo dopo un po’ di riflessione e spinta dal fatto che, non so perché, è ricomparsa nella mia mail la newsletter del blog che non ricevevo più da tempo. Mi è sembrato un segno e così ho preso coraggio. Vorrei chiederle se posso avere un aiuto dal suo blog: vorrei proporre un argomento per capire cosa pensa in questo momento la gente = il popolo di Dio, dei religiosi. Mi spiego: le monache con cui sto vivendo adesso stanno facendo scelte molto “aperte”, tipo andare ai corsi (come molti già fanno), andare a visitare altri monasteri, togliere il soggolo (segno distintivo delle monache di clausura e che in diversi monasteri stanno lasciando), mangiare con gli ospiti, ed altro. È capitato di qualcuno che ha chiesto:” Ma voi cosa siete?” perché notano la diversità da altre monache presenti da queste parti, oppure (questo è capitato a me che ho ancora abito e soggolo decisamente monastici) che dicano: “Oh, finalmente una monaca vestita!” (sic). Così mi viene da domandarmi se certi segni esteriori non siano necessari più agli altri che ai religiosi, se è davvero giusto eliminare tutto o quasi, se lo “scendere in strada” di Papa Francesco può essere questo, oppure anche questo, se non è che anche noi ne abbiamo bisogno per ricordarci che la nostra vita ha un qualcosa di diverso (anche se qualcuno vuole “diventare come gli altri o quasi”); che cosa cerca la gente in noi? che cosa guarda? L’ho chiesto a chi mi viene a trovare (per lo più parenti) ma la risposta non è mai del tutto franca, parlando con una religiosa. Una persona a me cara (un po’ “tremendina”…), a cui non sfugge niente, ha notato per esempio come i religiosi in Chiesa facciano una genuflessione frettolosa all’altare senza accorgersi che il SS.mo lì non c’è ed altro… loro ci guardano e si aspettano forse troppo da noi, che siamo comunque “carne umana”. Non so se mi sono spiegata e non saprei come impostare la cosa, io non sono molto “cibernetica” e non ho la capacità di comunicare con questi mezzi ma mi piacerebbe conoscere l’insegnamento che i laici possono darci. Mi dica lei se è possibile o se guasterebbe il suo blog (cosa che non vorrei mai… non lo seguo molto ma è sempre piacevole leggerlo).

Le farò perdere tempo prezioso, lo so, ma a consolazione le dico che non ho smesso di pregare Tantissimo per lei. Anche le “Schegge di Vangelo” quotidiane del blog mi servono molto.
Grazie comunque
sr Chiònia

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6 risposte a “Forum – Il senso della vita religiosa”

  1. Dory ha detto:

    Carissima Chionia,
    come forse saprai, don Mauro ha postato nel nostro blog, in talune occasioni, alcune notizie riguardanti un Monastero di clausura presso il quale segue spiritualmente alcune suore. Questo Monastero ha anche un sito internet. Un giorno, un pò per curiosità, sono andata a visitare il sito e m’imbatto in questa citazione: “è amando il mondo che diventiamo contemplativi in mezzo al mondo”(San Josemaria Escrivá). Non ti nascondo che sono rimasta interdetta. Cosa ci fa una citazione che invita ad “amare il mondo” in un sito di monastero di clausura? Che vuol dire “essere contemplativi in mezzo al mondo”? Che senso ha questa frase? Che vuol dire? Significa qualcosa di specifico per la vita religiosa?
    Per me sì. Intanto, secondo me, a livello generale, bisogna dire che l’amore umano – e nello specifico quello cristiano – è sempre relazionale, cioè aperto. Ma come può essere “aperta” una dimensione che prevede la clausura? Secondo me l’amore vero ha sempre due dimensioni: una pubblica, che va verso l’esterno. E una privatissima, a volte esclusiva, ma mai chiusa nel senso di escludente. Mi spiego meglio. La dimensione pubblica dell’amore tra due sposi sono le pubblicazioni, le nozze in Chiesa, i testimoni, la fede al dito, le firme, etc. La dimensione privatissima ed intima è quella dell’intimità (non sto parlando solo di quella fisica, anche, ma non solo). La dimensione pubblica dell’ordine del sacerdozio è appunto il sacramento, chessò la veste talare, il clergyman con tanto di voti e una dimensione privatissima ed intima che è quella del dono/dialogo in, con e per Cristo a tutti e per tutta la vita. Che ogni sacerdote è chiamato a vivere nel serivizio, ma in modo del tutto personale, individuale. Ci sono cose dell’amore che sono personalissime e si tacciono intime, ma non escludenti. In che senso non sono escludenti? Nella vita degli sposi l’intimità privatissima (qui parlo della fisicità essenzialmente, ma non solo) dà luogo ad una nuova vita. La donna in particolare custodisce questa vita per nove mesi. Una vita che è tanto più presente, quanto più è silenziosa. La vita del bambino che la donna porta nel grembo. Ecco. Per me la clausura è un po’ questo. È come un ostensorio trasparente e permanente che è chiuso per custodire. Ma trasparente, affinchè Gesù si veda da ogni parte. Nella clausura secondo me, è proprio l’amore inteso come custodia, come silenziosa protezione di Gesù che viene esaltata e contemplata. Per questo forse la clausura è femminile: perchè chiama in modo particolare a custodire. Si ama il mondo, le persone, la vita. E si è contemplativi in mezzo al mondo. Attraverso la preghiera che non è meditazione per estraniarsi dal mondo e allontanare la corporeità e le passioni, ma è comunione (tanto più che si fa in comunità, non da soli. In una famiglia. Non da soli) e quindi comunicazione. Io questa dinamica l’ho trovata tanto, pensandoci, nel Natale. Maria e Giuseppe si sposano, “presentano” al tempio Gesù (dimensione pubblica), ma allo stesso tempo Maria in particolare “medita queste cose nel sue cuore”. Quando riceve la visita dell’Angelo è da sola. Quando Gesù nasce è da sola. E Giuseppe la ama talmente che vive il suo Amore per lei non solo in modo casto, rispettando la sua verginità; in un certo senso rimanendo sulla “soglia” di questo Mistero nel quale è pure coinvolto totalmente. E questo Mistero lui lo vive in una dimensione silenziosa (il sogno) e in una dimensione pubblica (quando impone al figlio il nome di Gesù). Ci sono momenti pubblici della vita di Gesù, ma questi sono illuminati senza dubbio dalla sua infanzia, dalla sua giovinezza “silenziosa” e in ambedue i casi è il Figlio di Dio che viveva in Lui, parlava in Lui, lavorava in Lui. Nella rinuncia a tutto, anche alla propria libertà, al nome per amore di Cristo, una donna si fa totalmente “casa”. Si “svuota” di sè, per riempirsi di tutto, di tutti nella preghiera, in/con e per Cristo. E questo significano i segni esteriori che porta. Sono compresi? Forse non tutti e non da tutti, ma secondo me questo non è così importante. Io credo che un segno è efficace quando la persona che lo porta è essa stessa “segno”. Io sono insegnante. Non è la cattedra a darmi autorità. Ma la mia autorevolezza. È la mia autorevolezza che “esige”, in un certo senso, e ama la cattedra come segno. È essenziale il segno? sì, come l’acqua. Come ho detto prima, quando si ama veramente , non si può fare a meno di ridarlo, di renderlo pubblico, di testimoniarlo. I ragazzini riempiono di lucchetti e di scritte i muri delle città gridando il loro amore. Tanto più, mi sembra, questo debba valere per chi indossa un abito che significa “mi sono donato a Cristo del tutto”. Per tutti. Per sempre. Assume il valore di quegli oggetti – magari passati di moda e che non usiamo più – ma dai quali non ci separeremmo mai. Perchè sono uno dei tanti segni della fedeltà a noi stessi, alle nostre scelte, alla nostra vita. A Dio, anche sì. Per il resto…le persone religiose dovrebbero essere considerate normali. Di carne ed ossa. Che ridono, sbagliano, litigano, che si abbracciano e si lasciano abbracciare. Il distacco, la clausura…appunto deve rimenere una scelta relazionale. Trasmettere carità. Le suore non sono “ectoplasmi” con la tonaca. Sono persone. Donne (come ho detto è importante che siano femmine). Hanno pelle, mani (che accarezzano, pregano, offrono la carità). Voci che sono la parte più estesa del nostro corpo. Sono inserite in comunità e in luoghi che sono inseriti nelle città. In mezzo alle case. In mezzo alla gente. Amare il mondo, per essere contemplativi in mezzo al mondo. Mi sembra una bellissima strada. E spero che tu continui a percorrerla con gioia, coraggio, fiducia. Ciao Chionia.

  2. lella ha detto:

    cara Chionia
    non scegliamo con chi convivere,ma solo per Dio.
    Non preoccuparti di come vivono le altre suore, certe scelte non possono essere fatte per obbligo,ma accettate per amore…Dio sa quello che è nel cuore di ognuno e meglio di noi stessi.Anche i genitori ogni tanto lasciano la mano dei figli per insegnar loro a camminare… ma sono pronti a rialzarli se cadono.
    Io frequento abitualmente delle suore e ringrazio Dio che siano operanti nel mondo,perchè le donne hanno una sensibilità diversa,una carità grande,e una spontaneità più sincera.
    I sacerdoti spesso,devono essere più attenti.

  3. francesco ha detto:

    scusate se entro nel vostro dialogo cosi volevo solo ringraziare tutte le monache che pregano e sofrono e vivono in grazia di dio per mezzo della sofferenza della umilta della preghiera del perdono e privandosi dei piaceri terreni perche cosi veramente consolidano sempre l amore tra dio e gli uomini dico questo perche quando vedo una monaca che prega e ofre la sua sofferenza al prossimo mi fa sentire dentro pieno di speranza e il cuore pieno di gioia in questo mondo di odio grazie

  4. mauroleonardi ha detto:

    Grazie Francesco!

  5. pescanaso ha detto:

    IL BAMBINO
    Domenica scorsa il vangelo narrava di Gesù che parlando ai discepoli a seguito della loro discussione in ordine a chi tra loro fosse il più grande, rispose che chi volesse essere il più grande dovesse farsi servitore di tutti, esprimendo il concetto nuovo che più si è al servizio degli altri più si è grandi. Anche oggi 4 ottobre 2015 nel vangelo ove Gesù risponde alla domanda se sia lecito ripudiare la propria moglie e Lui risponde ricordando Mosè, e subito “abbraccia” ancora i bambini che sono lì vicino e dice che bisogna avere un cuore come il loro per entrare nel regno dei cieli; le considerazioni che seguono attengono al primo degli episodi raccontati e sono confermati dal secondo, oltre che da tanti altri nelle scritture.
    La pagina, come tutte, colpisce per la sterzata che Gesù dà ai pensieri umani i quali, per allinearsi a quelli di Dio, occorre che cambino diametralmente.
    La parte che più mi ha colpito però è stata quella precisazione, a parer mio centrale e non un eccesso di informazioni dell’evangelista, relativa a Gesù che prima di esprimere questi concetti con le parole, abbraccia un bambino che lì si trovava.
    Credo che questa parte di vangelo veda nell’abbraccio il momento essenziale della narrazione in quanto sancisce l’unione indissolubile esistente, fino alla fine del mondo, tra Gesù e i bambini, tra Dio e gli uomini, i quali ultimi sono chiamati a restare interiormente come dei bambini ossia semplici, ingenui, candidi. Mantenere queste caratteristiche nel mondo è obiettivo di un percorso controcorrente rispetto ai pensieri degli uomini, ma allo stesso tempo è una necessità per chi vuole restare unito a Dio.
    Tutti lo siamo in gioventù, da bambini, quando il mondo non è ancora riuscito ad impossessarsi di noi, poi le cose cambiano, e il nostro autodeterminarci in maniera libera ci può portare a prendere la via larga o la via stretta, in base alla nostra essenza. L’essenza di tutti è composta da una natura divina, instillata in noi con la creazione e la concezione nel grembo materno che per volontà di Dio avviene; col tempo il mondo erode questo spazio a vantaggio delle ansie terrene, che si affermano al nostro interno e ci avvicinano o allontanano dal bene non soltanto nel complesso delle persone che siamo ma anche in ogni singolo atto della vita di tutti i giorni.
    Questo equivale a dire che in noi c’è il seme del bene e che c’è anche un ampio spazio che può indifferentemente essere colmato da altro bene o del male, in base al nostro libero arbitrio; a noi tocca scegliere continuamente su cosa desideriamo per la nostra vita e per quella dei nostri cari, soprattutto per quelli che dipendono da noi.
    La centralità dell’abbraccio di Gesù al bambino è espressione del legame infinito che Dio ha con noi, del bene che ci vuole e che è proprio quello che le forze del mondo vogliono scardinare. Questo è l’aspetto più delicato della lotta tra il bene e il male, il nodo scorsoio, dal quale non si torna indietro: quello che tra i due prevale in ogni singolo atto della vita, contribuisce a formare la persona e la spinge verso una delle due direzioni.
    Io so per fede e, sento, leggendo dentro di me, che il bene prevarrà sempre, soprattutto perché l’ha detto Gesù ed è riportato nei vangeli, come pure che Lui sarà sempre con noi fino alla fine del mondo e, dopo la sconfitta della morte quale ultimo nemico, sarà l’unico a esistere.
    La strategia del male è quella di scardinare questa fiducia che gli uomini hanno verso Dio, cominciando dalle persone adulte che sono facilmente aggredibili viste le tentazioni che esistono, le quali rendono la mietitura del male sempre abbondante. Gli effetti nel mondo sono sotto i nostri occhi, ma se non li interpretiamo alla luce di queste argomentazioni, rischiano di essere considerati come situazioni normali, che quei pazzi dei cristiani si ostinano ad interpretare in maniera diversa e opposta.
    Il problema maggiore che ha il male è come scardinare la difesa del bene nei bambini, che non possono essere ancora corrotti perché non hanno cervello e corpo ancora sviluppati al punto che il male non ha ancora spazio per potersi incuneare e stenta ad affermarsi, per cui è costretto a cercare strade alternative, essendo per lui impossibile vincere questa battaglia utilizzando le regole che sono state scritte dal Bene, le quali esprimono intrinsecamente che il male possa prevalere al termine del mondo.
    Ma il male non si arrende e immagina che colpendo i bambini, riuscendo a corrompere il bene allo stato puro, una chance di vincere questa singolare battaglia possa esserci. L’inconsapevolezza dei propri limiti induce il male ad insistere su questa strada sebbene sappia di aver ricevuto esistenza proprio dal Bene e di essere, quindi, una forza finita, che si pone in contrapposizione con una forza primigenia infinita. Il suo obiettivo è scardinare il bene nella sua roccaforte, nella quale resiste a questo assedio sin dall’inizio dei secoli.
    Perché colpire i bambini significa vincere la battaglia finale? Qui bisogna porsi nel panni di chi ragiona nel male, in chi agisce per il male.
    A che vale corrompere gli adulti se non si possono corrompere i bambini? A che vale abbattere un albero se poi questo ricresce? A che vale vincere una, mille, miliardi di battaglie se si perde la guerra? In base alla visione del mondo l’avversario va estirpato, non reciso, ne va distrutto il seme perchè la natura prevede la nascita, consente la ricrescita e con esse il bene si ripresenta allo stato puro; non potendo intervenire sulla rinascita né sulle dotazioni di cui è provvisto chi nasce, il male cerca di assicurarsi voce in capitolo ritardando il più possibile la rinascita (aborti) e così rendendo meno ampia la compagine delle persone da corrompere.
    Ma la natura ha il suo corso (natura non facit saltus). Come l’albero il cui tronco viene tagliato di netto riprende a crescere in quanto conserva intatte le radici mentre la fotosintesi viene assicurata dalla natura , così la natura stessa conserva intatta la sua dimensione e si rinnova sempre osservando le regole poste alla base del mondo nelle quali non c’è spazio per corruzione alcuna. Pur conoscendo questa legge di natura, oppure proprio perché la si conosce e la si vuole sovvertire, il male spinge gli uomini sempre a tentare di forzare la natura nella speranza di trovare una breccia al bene; è così che il vincitore di una guerra prova ad eliminare tutti gli avversari uomini, donne e bambini ma è consapevole che, in tal modo, potrà assicurare al massimo un periodo più o meno lungo di dominio incontrastato al suo popolo.
    Eliminare il seme del bene è dunque l’unico obiettivo perseguibile, e anche se sa che è impossibile perseguirlo, pur di non dichiararsi vinto in questo confronto avviato nella notte dei tempi, il male prova comunque a conseguirlo confidando sul fatto che, erodendo posizioni su posizioni sulle quali è attestato il bene, uno spiraglio verso la vittoria potrebbe trovarlo. Per questo motivo, la corruzione tenta di rivolgersi sempre più verso esseri umani più giovani, per pregiudicarne sin dagli albori ideali, progetti, propositi al fine di allontanare dalla via del bene quante più persone possibile.
    Anche se ci sono tanti spazi che non riesce ad erodere, il male ci prova sempre, ottenendo risultati a volte insperati (corruzione dei giusti), anche se sa con certezza che la vittoria gli è negata, il suo ruolo è dimostrare che l’intero creato umano anche se non è corrotto dall’origine, è corruttibile, in quanto il male al pari del bene è presente nel seme dell’universo e non esistono sacche di bene assoluto. Quindi se l’uomo persegue il male significa che lo stesso è dentro di lui, ed è quindi connaturale all’uomo quanto il bene, la prevalenza dell’uno sull’altro essendo solo una questione di tempi e di quantità, di esistenza e non di essenza, una battaglia aperta e da giocare in cui possa vincere il migliore.
    Il terreno del confronto è la libertà di cui gode l’uomo, potendo gestirla verso il bene o verso il male seguendo le inclinazioni di ciascuno, in base alle situazioni che la vita propone ad ognuno, a seconda dei momenti in cui le stesse si presentano. Che l’uomo sia libero è dunque una base imprescindibile in questa scommessa che il male lancia al bene, il resto della partita si gioca nel cuore di ogni uomo dove imperversa il perenne confronto tra le due forze.
    Ci si avvicina così sempre più al nocciolo della questione.
    In questa sua perenne opera di erosione al campo (materiale ed immateriale) facente capo al bene, dopo aver fatto incetta tra il popolo degli anziani (che sono stati adulti) e degli adulti, con la corruzione incipiente dei giovani (che saranno adulti), tutti fortemente sensibili alle tentazioni del mondo, residua una sacca di resistenza a oltranza del bene rappresentata dai bambini, appunto. Lì il male non riesce ad intervenire direttamente ma, appunto perché ha la necessità di erodere le posizioni del bene prima che la partita termini, deve affinare le proprie armi e trovare percorsi oscuri e subdoli che possano sfuggire al controllo del bene, per coglierlo di sorpresa e diminuire la sua sfera d’azioni. In questo, anche in questo, si vede la grande pericolosità del male.
    La strada da seguire deve essere sottile, basarsi su ideali consolidati nel popolo degli adulti, universalmente riconosciuti come conquiste dell’uomo e della libertà umanistica e illuminista, non apparire inquietante né offensiva, rispettosa di tutti gli adulti e dei loro ideali, subdola al punto apparire come la prima di tutte le verità: la libera autodeterminazione della persona, che deve poter fare tutto quel che vuole in ossequio al libero arbitrio concesso alla specie umana. Un diritto assoluto e incomprimibile, quindi, senza alcun limite.
    La strada scelta è quella di intercettare il bene assoluto sotteso alla nascita del bambino utilizzando argomentazioni pseudomorali presso il popolo degli adulti, le conquiste del progresso e del pensiero umano, in tema di diritti umani: ogni persona ha un diritto assoluto e incomprimibile ad essere genitore, indipendentemente da quanto sancito dalla natura , e tale obiettivo può essere raggiunto in maniera naturale oppure in maniera indiretta (adozione), e l’uso di tale istituto è universalmente riconosciuto come essenziale per la piena realizzazione dell’individuo e apprezzato nell’intera comunità umana.
    Spostare il baricentro di questo discorso dall’uso all’abuso di questo istituto, è azione della quale è difficile percepirne gli aspetti sordidi, sottili e subdoli, che sfuggono alla comprensione da parte dagli animi tra gli adulti più distratti dalle ansie del mondo. Passa così un concetto che segna una grande vittoria per il male, e la cui ratio può così sintetizzarsi: corrompere i genitori per corrompere i figli.
    Nessuno può dire che esistono persone che non hanno diritto ad essere genitori, in quanto ciascuno, con l’aiuto della scienza, può divenire padre, madre, o quel che significa avere nelle proprie immediate disponibilità e responsabilità persino un bambino appena nato. Non potendo intervenire prima del venire alla luce del bambino (se proprio non si è evitata la nascita del bambino in base agli incomprimibili diritti, riconosciuti nella comunità umana, alla soppressione delle persone in fieri non gradite agli adulti!), il male concentra molta parte dei suoi sforzi dalla nascita in poi attraverso una corruzione più subdola, più profonda e rivolta all’essenza dell’essere umano ma rivolta sempre al popolo degli adulti, che riesce ormai facilmente a trasportare dalla propria parte.
    In che modo?
    Sancendo che il corso delle nascite non è esclusivo appannaggio della Natura, sebbene con il concorso dell’uomo, ma è l’uomo stesso che, resosi consapevole delle sue reali capacità e possibilità, si pone al centro del mondo anche sotto il profilo che sino ad oggi gli era negato e si appropria di quello che la “gelosa” natura non gli ha concesso, relegando la stessa a mera concausa-casuale che origina la nascita di bambini. Non è infatti in gioco l’esperienza soprannaturale di diventare genitori, che la natura comunque nega perché risponde a regole scritte prima della creazione del male stesso, ma solo l’esperienza umana della gestione di un figlio, delle gioie connesse, dei divertimenti correlati ad essere genitori…..e magari fosse solo per questo!
    In tal modo si strumentalizza l’aspirazione umana a divenire genitore per uno scopo abnorne (qui sta il grado di subdolità più profondo) di intervenire già nel primo momento possibile per corrompere l’essere umano, che è la volontà di interrompere, d spezzare, quell’eterno e filiale sodalizio che unisce Dio all’uomo, rappresentato dall’abbraccio di Gesù al bambino della pagine del vangelo da cui si sono prese le mosse.
    Questo credo sia l’obiettivo del male, ossia di colpire il bene nel punto in cui mai lo si è potuto attaccare e che, in realtà, ancora non lo si può attaccare, ma che nell’immaginario collettivo del popolo degli adulti può riscuotere un ampio risultato di credibilità, come di strada limpida e onesta, imprescindibile per un uomo che voglia dirsi moderno e al passo con la cultura umana.
    Avendo raggiunto la base del discorso, proseguo con la risalita verso le realtà induttive evidenziate dal connubio tra fede e razionalità.
    Come si può conseguire un tal risultato, ossia sostenere che tutti hanno diritto ad essere genitori, funzionale a sostenere la tesi che il bambino non ha, in realtà, se non la funzione che gli adulti vogliono dare a lui e non quella che per millenni è stato erroneamente creduto ossia di effetto di sublimare il rapporto uomo-donna con un frutto duraturo e motivante che ha lo scopo di perpetrare, in linea con la volontà espressa da Gesù nel vangelo, la specie umana nel corso dei secoli sin dal sorgere del mondo.
    I bambini appartengono agli adulti, che possono fare quello che vogliono di loro: come sopprimerli prima della nascita oppure adottarli per soddisfare l’aspirazione di persone che per motivi naturali non possono averne.
    Ci avviciniamo al punto della questione.
    Non è in discussione l’istituto dell’adozione in quanto tale che, nel suo uso normale, è concetto autentico e dal grande valore umano-sociale, ma l’abuso dell’istituto stesso, che mira a porre il bambino in condizioni di vita talmente innaturali da non fargli comprendere, già dai primi momenti della sua crescita, quale effettivamente sia il senso della vita e del suo essere persona, uomo o donna. Con l’effetto di lasciarlo confuso e di togliergli l’unica certezza che l’essere umano ha avuto fino ad oggi, ossia l’avere un padre uomo e una madre donna, due coppie di nonni, quattro coppie di bisnonni, e così via. Questa certezza ha sempre dato all’uomo la consapevolezza delle proprie origini in termini di provenienza, di istinto, di aspirazioni, di coscienza di sé.
    Mi rivolgo, nello specifico, alla attuale possibilità concessa da qualche stato, e che fra breve sarà in discussione anche in Italia, ad una coppia di omosessuali di adottare un bambino. Due donne o due uomini omosessuali che decidono di donare il loro amore ad un bambino, visto che la natura non consentirebbe loro di avere dei figli propri. Qui si innesta il dubbio su cosa sia realmente primario, più importante, se il bambino, e per questo farlo vivere in una famiglia che gli dona tutto il suo amore oppure se lasciare il bambino in un orfanotrofio e fare di lui un adulto senza storia, senza la possibilità di immettere nel mondo l’amore che i due genitori adottivi omosessuali gli hanno donato.
    E’ davvero forte la spinta che sostiene questo ragionamento in quanto fa appello a tutti i migliori buoni sentimenti, quelli stessi che genera un bambino con la sua sola essenza, e li converte in una tesi abnorme che si reggerebbe perfettamente in piedi se non fosse per la mancanza di un requisito essenziale: la costruzione creata allo scopo di dare fondamento alla tesi.
    Non parlo nemmeno di egoismo di una coppia gay che desidera un figlio per soddisfare se stessa in quanto ciò avviene anche in una coppia eterosessuale, mi riferisco al subdolo effetto che produce una tale soluzione apparentemente ineccepibile: dare ad un bambino due papà o due mamme, con conseguenze non naturali per tanti aspetti della crescita del bambino e destinata ad effetti duraturi per la sua vita.
    Il discorso non è quindi se una coppia etero sia più o meno in grado di una coppia gay di assicurare benessere e amore al bambino, quanto se consentire o meno al bambino di trovarsi su di un terreno innaturale e mai affrontato sin dalla notte dei tempi dai bambini, non appena arriva in questo mondo, avendo come educatori amorevoli dei genitori adottivi che non esprimono a livello di identità sessuale, quello che con pregi e difetti è stato effetto ai bambini tutte le generazioni che lo hanno preceduto. Questo salto non sembra cosa di poca importanza.
    In questo risiede l’essenza del male, nel voler a forza e con ogni mezzo, strumentalizzando le legittime aspirazioni di esseri umani ed abusando dei loro più autentici sentimenti, porre un bambino davanti allo stravolgimento della natura, instillando in lui la falsa convinzione che si possa essere figli sia di una coppia eterosessuale che di una coppia omosessuale, importante è che vi sia “amore”. Il messaggio che passa è che’ indifferente avere due padri, due madri oppure un padre e una madre, l’importante per il popolo degli adulti è il bambino sia circondato da amore. Di questo passo l’inventiva umana sarà in grado di coniare nuove forme di compromissione del candore e dell’incorruttibilità dei bambini, mascherate dietro apparenti e rilevanti conquiste della civiltà umana in termini di diritti civili, o nei termini che vorranno coniarsi o inventarsi.
    La realtà fino ad oggi ci ha detto esattamente il contrario, ossia che si possa essere adeguatamente allevati solo da una coppia eterosessuale e la speranza è che l’amore e la responsabilità nellacura dei figli accompagni i genitori per sempre. Senza amore nella coppia tradizionale i figli soffrono, ma avranno pursempre una madre e un padre a cui far riferimento nel corso della vita, quali riferimenti fondamentali maschile e femminile, le due specie del genere umano. Spesso le cose nella coppia non vanno come ci si aspetta, ma la base dell’esistenza è rappresentare per il bambino, da parte dei genitori naturali o adottivi, riferimenti certi in armonia con le informazioni che la natura imprime in ciascun essere umano.
    Invece l’uomo i salti li fa eccome, mirando a stravolgere la Natura e così affermandosi come centro effettivo del mondo, non riconoscendo nulla al di fuori della propria volontà, ricoprendo il ruolo di centro dell’essenza e dell’esistenza, essendo lui il solo titolare dei diritti attinenti alla vita sua e di tutti coloro che dipendono da lui. Da qui il passo verso l’annullamento di ogni diritto naturale del bambino alla propria libera esistenza è breve, con l’effetto che l’adulto diventa il vero centro dell’universo e può fare quello che vuole, quando vuole, con chi vuole. Le conseguenze di una costruzione appaiono inquietanti, innaturali e si intuisce possano essere poco rispettose di quella vita che l’uomo è chiamato a gestire sin dai primi vagiti.
    L’adulto se non ha un figlio naturalmente lo può acquisire, sia che lo desideri sia che sia funzionale ai propri fini, attenendo ciò alla volontà inappellabile di ciascun adulto e nessuno può ingerirsi in questa scelta, consente la nascita di un bambino ed è bene che, una volta nato, sia amato, rispettato, seguito, accompagnato, curato e allevato almeno finchè non diventi adulto, sebbene l’uomo, nell’ambito della piena libertà di cui gode, possa agire diversamente, meno responsabilmente e meno amabilmente anche verso suo figlio. L’uomo infatti è per definizione, libero.
    Questa nuova visione invece strumentalizza la libertà dell’uomo, agisce sulla sua volontà, fa abusare dei suoi diritti naturali, il tutto in una visione volta alla delegittimazione del rapporto naturale esistente tra Dio e l’uomo, tra la natura e la razionalità umana, a totale vantaggio della tesi della centralità e della unicità dell’uomo nell’universo e della negazione di Dio. L’uomo può tutto insomma, e per dimostrare questa sua potenza, non esita a tentare di recidere il legame che unisce l’infinito al mondo, che unisce Dio all’uomo e che è rappresentato dalla semplicità e dalla sincerità che ogni essere umano ha in dotazione alla nascita, ossia quando è bambino.
    Tornando quindi all’abbraccio di Gesù al bambino, quello è il centro della nostra fede, della nostra esistenza, e anche se un uomo si allontana da Dio, Questi, nella sua misericordia, lo va a cercare per riportarlo a Se, attraverso l’opera dei discepoli di Gesù, di ogni uomo che ha scelto il bene. Per questo quell’abbraccio è centrale ed è necessario non ci dimentichiamo che Gesù è sempre lì con le braccia aperte per noi, sta a noi rendercene conto e scioglierci il più possibile nell’abbraccio con Lui.

  6. mauroleonardi ha detto:

    Ti saluto Pescanaso. Per dare più visibilità al tuo post l’ho segnalato nel forum nella discussione Il sinodo sulla famiglia dove proseguirà la discussione