Articoli / Blog / Le interviste | 15 Marzo 2018

Per Novella 2000 intervisto: Giuseppe Cruciani

Cinquantuno anni vissuti sempre pungendo. Giuseppe Cruciani, con David Parenzo, conduce ogni giorno su Radio24 il programma radiofonico satirico La Zanzara, è politicamente scorretto, sempre provocatore, mai accondiscendente, senza tabù. Sentimentalmente irrequieto: è stato sposato e, dal matrimonio, nel 2005, è nata una figlia, Viola. Poi diverse storie mai troppo lunghe, celebre quello con Selvaggia Lucarelli. Su Wikipedia campeggia una sua sentenza: “Io non sono in linea con nessuno!”.

Cruciani, partiamo dai fondamentali, lei è credente o ateo?
“Vengo da una famiglia molto cattolica, mio nonno era “maggiordomo” del Papa, ma io sono ateo.”

C’è qualcosa della sua vita che pensa di aver sbagliato, che non tornerebbe a rifare perché se ne vergogna?
“Se guardo le scelte che ho fatto, alcune non le rifarei e altre mi fanno certamente arrossire, ma questo “guardarsi indietro” non ha senso. Io, in un certo senso, sono perfino orgoglioso dei miei difetti.”

Dal punto di vista sentimentale lei è un uomo inquieto, rifarebbe tutto?
“Sinceramente non sono quelle le cose che mi fanno arrossire. Ho sposato una donna poco dopo averla conosciuta, abbiamo fatto subito una figlia e ci siamo inevitabilmente lasciati dopo qualche anno, lei dirà: “Cruciani, hai fatto un stronzata, non te ne vergogni?”. Ecco, non lo rifarei ma non mi pento: quello fu un meraviglioso sbaglio che ha prodotto la meraviglia che è mia figlia Viola. Poi, certo, io adesso ho grande difficoltà ad avere una relazione stabile, però non me ne pento.”

Quali sono allora le cose che la fanno arrossire?
“Con le donne penso di non essere stato quasi mai sincero. E adesso il mio sforzo continuo è quello della verità. Mi accorgo che non ci riesco quasi mai a dire la verità fino in fondo. Ecco, quello che mi è sempre mancato è questo: quando non confessi alla persona che frequenti in quel momento cosa sei, cosa senti, ecco questo mi è sempre mancato. Adesso cerco di vivere questo sforzo di verità con le persone. E, in particolare, con una.”

Una persona che sarà lieta di leggere queste parole. Lei, Cruciani, ha detto che finché non sei arrivato al sesso in ogni dove e in ogni lato non sai cos’è il sesso, di questo non arrossisce?
“No, perché? Lo penso veramente. In un rapporto sessuale tra due persone adulte, libere, può avvenire qualsiasi tipo di rapporto, anche “cul-de-sac”. Penso che chi non ha provato anche quello non può dire di aver provato davvero il sesso, che sia donna o uomo, anche etero.”

Ma in tutto questo non c’è dell’immoralità?
“È immorale solo se non si è totalmente consenzienti, la libertà è la base di tutto.”

Il moralismo è la vera immoralità, è così?
“Assolutamente d’accordo. Il tentativo di vivere la purezza genera immoralità.”

Però a volte nel gioco erotico non è così chiaro il confine tra il forzare e un consenso pieno
“Pensiamo al caso Weinstein. Per me è una buffonata quando si dice: era costretta a farlo “per bisogno”. Secondo me si può parlare di bisogno solo quando c’è assoluta disparità: per esempio se io ti chiedo una prestazione sessuale in cambio di un lavoro senza il quale tu muori di fame. Ma nel caso di Weinstein, le attrici che hanno detto di essere state molestate non si trovavano al livello della sopravvivenza, ma su quello della carriera: quindi, se quella cosa ti fa schifo la puoi rifiutare. Stiamoci attenti poi col moralismo “anni dopo” perché rischiamo di sminuire il gesto di chi ha rifiutato, e magari era davvero nel bisogno. Comunque io sono convinto che del proprio corpo ognuno può fare quello che vuole. E non trovo disdicevole che si decida di usarlo per vantaggio personale.”

Sta pensando alla prostituzione?
“Sì, anche. Chi “la dà” per avere un vantaggio sul lavoro non mi scandalizza: uno utilizza le armi che ha. Il moralismo è fingere di essere disponibili e poi non darla. Che differenza c’è tra “farla vedere da lontano” ma poi non compiere l’atto e “darla”, davvero? Nessuna, in entrambi i casi hai utilizzato il tuo corpo. Ma perché abbiamo questo tabù assoluto verso l’atto in sé? Perché la seduzione è diversa dall’atto in sé? Ah, ovviamente lo stesso discorso vale per l’uomo.”

Il peccato non è solo il sesso, è anche il successo. La riguarda?
“Sì, non so se chiamarlo “peccato”, ma certo può diventare un ossessione che destabilizza. E più ancora del successo, la soddisfazione che si cerca.

Lei ha successo, è soddisfatto?
“Ho dei lunghi periodi di depressione per una perenne insoddisfazione. La possiamo chiamare depressione da creazione artistica. Io mi sento continuamente inadeguato. Rispetto a come dovrebbe essere il prodotto, rispetto a ciò che il pubblico si attende. Se vuole può anche dire rispetto al successo ma in realtà è rispetto alla soddisfazione personale. Perché il successo va di pari passo con la soddisfazione personale. Ecco io ho difficoltà a mettere assieme il successo con la soddisfazione personale.”

Ho letto che non voleva fare il giornalista, non è che magari s’è pentito di essere giornalista?
“Non ho mai voluto fare il giornalista. Ora mi trovo a fare una cosa ibrida, un misto tra giornalismo e intrattenimento. La verità è che lavoro tante ore al giorno per fare un prodotto radiofonico che stia sul mercato. Bisogna curarlo nei minimi dettagli, scegliere i messaggi, saperli coordinare, non bisogna dare niente per scontato: non si può andare dietro a un microfono e dire la prima cosa che viene in mente. È una cosa complessa, è creare un mood con chi ti segue, creare un club, degli affiliati.”

Quando non si sente soddisfatto cerca equilibrio nella corsa, una delle sue passioni?
“La corsa è stata un rifugio importante perché ti dà un po’ di adrenalina, ma adesso è un po’ calata.”

Ha qualcuno di speciale che l’aiuta nei momenti di difficoltà, magari la persona con cui sta cercando di essere sincero?
“Di fronte alla grande incognita del “e adesso che faccio?” si è soli, non c’è nessuno che ti possa aiutare.”

E il denaro è importante?
“Non ho mai guardato al denaro, ho sempre guardato all’adrenalina. Meglio essere soddisfatti che ricchi.”

Perché non è soddisfatto? Non si accorge di arrivare alla pancia della gente?
“Mi accorgo di andare a tirare fuori delle cose che la gente non vuole neanche andare a guardare: più che la pancia direi le interiora. Io punto molto a smascherare le finzioni. Molti dicono che La Zanzara è un programma satirico ma secondo me è, al limite, una satira drammatica. Intervengono personaggi estremi, che sono a volte dei mostri, che però sono veri, non sono finti. Ecco io sono un po’ come Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo.”

 

(Tratto da Novella 2000 del 15 marzo 2018, numero 12)