Articoli / Blog | 05 Dicembre 2014

L’Huffington Post – La bambina più bella del mondo e il rispetto che dobbiamo imparare

Oggi il rispetto è il valore maggiormente riconosciuto. Perfino in tv, chi manca di rispetto perde. Quando quest’estate l’inglese Dawkins disse che era immorale non abortire un figlio down, la levata di scudi fu universale. Non solo dei gruppi pro life ma anche di quelli pro choice perché per gli uni e per gli altri veniva in primo luogo il rispetto per le decisioni della madre. Ora, io credo che con un piccolo sforzo ancora, ce la si possa fare a cacciar fuori dalla porta della nostra vita la mancanza di rispetto per i bambini, la strumentalizzazione che ne facciamo attraverso le immagini.

È appena successo con Kristina, nove anni, la bambina più bella del mondo. Un sorriso bellissimo che ci vorrebbe una cornice d’argento e nessuna scritta, nessuno slogan che ti spieghi quant’è bella. Perché è logico il perché quella bambina è bellissima. Perché è unica, diversa. Diversa da tutti i bambini del mondo, come tutti i bambini del mondo. Perché è lei. E così merita di stare in cornici preziose come le vecchie e care foto, sui nostri comò, nelle nostre stanze, nelle nostre case. E uscita di là, passare solo di mano in mano e di cuore in cuore.

C’è stata la foto di ventitré anni fa: quella del bimbo vestito da Ku Klux Klan e che va a giocare a specchi con lo scudo di plastica del poliziotto di colore che difende la libertà dei suoi genitori di inneggiare alla razza bianca. Ora è spuntata l’intervista al poliziotto, e la foto ha ripreso vita nei social, di profilo in profilo, di blog in blog. Perché questa foto è lei stessa un pensiero e una riflessione.

Un bambino di tre anni che sembra giocare al Ku Klux Klan e un poliziotto in tenuta anti sommossa con lo suo scudo tirato a lucido. Il piccolo razzista in erba è affascinato dalla sua immagine riflessa e fa di uno scudo anti sommossa lo specchio della sua innocenza. Così va dall’uomo nero, il poliziotto, che è lì per proteggere il diritto e la libertà dei suoi genitori di odiarlo. Libertà di espressione si chiama. Va dall’uomo nero perché a tre anni vai dove ti porta papà, vestito come ti veste mamma, ma dopo un po’ ti annoi e vai a giocare con chi ha il gioco più bello, e che sia nero chi se ne frega? È divertente. Hai solo tre anni e ci insegni molto.

Potrei parlare del bimbo usato da Oliviero Toscani che strumentalizza un bimbo con dietro due coppie omosessuali e Fratelli d’Italia che lo strumentalizza al contrario. Cioè, in sostanza, né all’uno né all’altro frega del bambino. O ancorai due bimbi con il kalashnikov, uno Isis e una bambina soldato filippina, fino a una mamma che scrive sulla foto della bimba down “sono diversa? No, solo bellissima!”. E invece no, perché la bimba con sindrome down è diversa, ma è bellissima perché è sé stessa.

Potrei continuare. Perché succede ancora? Perché i bambini fanno vendere. Sono come i cuccioli di cane. Generano tenerezza, voglia di rimanere con lo sguardo sulla loro immagine. E allora se gli metti uno slogan sopra, il nome di una marca sotto, una divisa addosso, ottieni che gli occhi che guardano abbassino le difese per la tenerezza e vengano colpiti dal messaggio. Inventiamoci un modo per dire: i bambini mai più. I bambini sono innocenti e anche il più piccolo uso li violenta. Sono puri. Attraverso di loro, attraverso i loro sguardi, le loro pose, la loro stessa presenza, passa tutto, si vede tutto. Non hanno filtri. Sono loro, sono tutto lì. Nessun retro pensiero, nessuna storia da testimoniare. Solo la loro vita di pochi anni, di pochi giorni. Quello che gli metti addosso, quello che gli metti accanto, quello che gli scrivi sulla testa o sotto, succhia la loro purezza, la loro innocenza, e se ne appropria. Per questo li usano. Le nostre idee, se sono innocenti e pure, non hanno bisogno della loro innocenza e purezza. Hanno lo stupore, lo stupore che non ha copione. Li riguardo ora mentre scrivo e loro mi dicono: perché mi guardi? Perché mi fotografi? In che strana posizione mi hai messo? Mi viene da ridere, posso?

E allora rispetto. Rispetto anche se le intenzioni sono buone, anche se sono buonissime. Facciamoli diventare la pietra di paragone del nostro rispetto quotidiano. Ricordiamoci che i bambini si mettono davanti ad una macchina da presa, entrano in un posto, fanno qualcosa di strano, perché una persona che amano e a cui sono affidati, ha detto loro: “fallo”. Ha detto: “mettiti lì”. Ha detto: “guarda qui”. Ha detto: “e ora fai così”. Tutto quell’amore innocente, tutta quella fiducia bambina, nasce da un grande amore e da una grande fragilità che merita – infinitamente merita – tutto il nostro rispetto. E anche di più se fosse possibile. Ce lo insegnano loro. Basta guardarli. E avremo tanto rispetto in più per tutto il resto del giorno.

Qui il link a L’Huffington Post